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Tiger Fish. La tigre dell’Okavango

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Tiger Fish BotswanaLa tigre dell’Okavango ha i denti di un leone, la forza di un rinoceronte e salta come un’antilope, per vederlo non serve un safari ma una canna da pesca in Africa!

I viaggi di pesca sono una via di fuga sempre aperta tra i nostri pensieri… Mollare tutto e andare a insidiare pesci pazzeschi in posti da sogno! Alcuni viaggi molti di noi li possono soltanto immaginare e forse non potranno mai permetterseli, altri sono già in programma, prima o poi… ma forse non così esotici. Un pesce ha catturato la nostra attenzione per il suo aspetto feroce e per la meraviglia del suo habitat: il Tiger Fish in Botswana. Il Tiger fish in altre zone del mondo diventa enorme, chi conosce la serie River Monster lo sa bene, in Botswana però, anche se non raggiunge taglie record, si può pescare in quantità e soprattutto in un paesaggio senza pari! Noi Anonimi non siamo ancora andati a insidiarlo, anche se nell’estate 2013 eravamo a punto di partire, con due nostri carissimi amici, Matteo e Tommaso… per questo facciamo uno strappo alla regola e pubblichiamo il loro racconto.

Namaxeri  OkawangoPrimo Giorno.

Nxamaseri e’ un fishing lodge che si trova su una piccola isola del Panhandle, il tratto del fiume Okavango che precede l’omonimo delta, in Botswana. Siamo arrivati qui dopo un viaggio di oltre mille chilometri da Windhoek, in Namibia, con una tappa intermedia a Rundu.

Il lodge e i suoi otto chalet, collegati da una lunga passarella, sono affacciati sul fiume ed immersi in una foresta abitata da una banda di cercopitechi che spesso fanno irruzione nelle stanze. Il padrone di casa e’ un ragazzo Sudafricano di nome Tiaan, ospite impeccabile e brillante intrattenitore. Lo stile del lodge e’ rustico, informale, con un tocco di eleganza. L’atmosfera e’ familiare e rilassante. La cucina ottima.

Il lodge si raggiunge con un trasferimento in 4×4 prima e in barca poi attraverso i canali dell’Okavango. All’appuntamento sulla strada principale, vicino al villaggio di Nxamasere, circa 50 km a sud del confine con la Namibia, troviamo Phoraki, detto Mr. P, un’omone originario di queste zone che lavora al lodge da vent’anni. Una vera e propria memoria storica di Nxamaseri, oltre che un abile pescatore e profondo conoscitore del fiume e dei suoi abitanti.Okawango

Neanche il tempo di lasciare le valigie e siamo già in barca con Mr. P, pronti per la nostra prima battuta di pesca. Siamo qui per pescare il mitico tiger fish, il più feroce predatore dei fiumi Africani!

La barca e’ a fondo piatto in alluminio con un motore Mercury da 50 cv, ideale per muoversi agilmente tra gli stretti canali del delta. L’attrezzatura, acquistata a Windhoek, consiste in una canna da spinning di circa 2 mt per 7-28 gr con mulinello 3000 piu’ una canna G-Loomis da casting da un’oncia e mezza. Gli artificiali sono ondulanti di diverse grammature, per lo più pesanti, messi a disposizione dal lodge.

Di fronte a noi si apre il dedalo di canali del delta, bordeggiato di papiri e palme che si riflettono nell’acqua. Sopraffatti dall’emozione, non ci rivolgiamo la parola fino a quando troviamo, fortunatamente dopo pochi minuti, la “barbel run”, letteralmente la “corsa dei pesci gatto”.

La barbel run si verifica quando l’abbassamento del livello del fiume Okavango, da giugno a ottobre, costringe e concentra branchi di piccoli pesci, tra cui i bulldog, nei canali piu’ profondi del fiume. Per testare la ricettività delle femmine, i maschi emettono impulsi elettrici. Poi, una volta fecondate, le femmine depositano le uova. Tutto questo attira i voraci pesci gatto, che a loro volta attirano i tiger fish che li predano, oltre agli uccelli acquatici, scatenando una vera e propria mattanza.

Circondati da egrette, aironi e aquile pescatrici, iniziamo a pescare. Mr. P ci suggerisce di lanciare “on the edge”, il piu’ vicino possibile alla vegetazione che costeggia i canali, e di lasciare affondare l’artificiale prima di iniziare il recupero. L’inizio non e’ dei piu’ confortanti: i primi lanci finiscono spesso in mezzo ai papiri, con conseguente perdita di tempo e artificiali. Siamo ancora alla ricerca della giusta confidenza con la nostra attrezzatura.Matte & Tommy

Quando i lanci diventano piu’ precisi, ecco arrivare le prime toccate. Le ferrate pero’ sono diverse da quelle a cui siamo abituati: il tiger fish e’ un predatore vorace, si avventa sulla preda con violenza e proprio per questo spesso “mangia male”. Tiaan ci spiegherà anche che spesso i tiger attaccano il terminale d’acciaio e non l’artificiale, rendendo la cattura ancora più difficile.

Dopo una cinquantina di lanci a vuoto, tra papiri e ferrate mancate, ecco il primo pesce in canna! L’emozione e’ grande, tanto quanto la delusione nell’accorgersi che la nostra prima cattura e’ un pesce gatto! Pochi lanci ancora e finalmente arriva il primo tiger fish! Nonostante le dimensioni modeste, il tiger conferma tutto ciò che si dice di lui: lottatore indomabile, il nostro salta, scoda, strattona, nuota sotto la barca. Una vera battaglia, al termine della quale Mr. P aggancia il tiger al boga per poi restituirlo alle acque dell’Okavango. Qui infatti si pesca rigorosamente “catch & release”.Tiger Fish

Facciamo gli ultimi lanci mentre il sole tramonta infiammando il cielo. E’ tempo di ritornare al lodge. Chiudiamo la giornata con 4 catture: 2 tiger fish e 2 pesci gatto. Non c’e’ male, e’ il primo giorno e abbiamo pescato solo qualche ora. Festeggiamo con una birra mentre la barca sfreccia tra i canali, degna conclusione di una giornata che non dimenticheremo.tramonto sull'Okawango

Secondo Giorno.

La sveglia suona alle 6:30, il tempo di una tazza di caffe e siamo di nuovo sul fiume. Mr. P ci guida con maestria tra i canali alla ricerca della barbel run, che pero’ stamattina si fa attendere. Mr. P spegne più volte il motore della barca per cercare di individuare il rumore provocato dai pesci gatto e dagli uccelli acquatici che si muovono tra i papiri. Niente, tutto tace. Dopo più di mezz’ora ecco apparire le prime egrette, il segnale che stavamo aspettando.

Iniziamo a lanciare e arrivano i primi tiger fish. I combattimenti sono davvero entusiasmanti, anche se purtroppo la percentuale dei pesci guadinati e’ bassa: spesso dopo una lotta di qualche secondo il pesce si slama. La precisione cresce di lancio in lancio: siamo quasi sempre a qualche centimetro dalla linea dei papiri. Se il lancio e’ preciso, “on the edge”, l’abboccata e’ garantita.foto 3

Gioia per i tiger catturati e delusione per quelli persi si alternano in una girandola di emozioni. Intanto la run continua a muoversi, spostandosi all’interno dei papiri e disperdendosi piano piano. Iniziamo a seguirla nei canali secondari pescando in drifting. Bellissimo! La barca rotola sull’acqua trascinata dalla corrente, rimbalzando a destra e a sinistra sui papiri. Mentre gli attacchi si fanno sempre più radi, arriva una cattura inaspettata: un bream, un ciprinide dai colori fantastici che Mr. P ci dice essere difficile da pescare a spinning.foto 2

Nonostante il bream, la situazione resta molto, troppo tranquilla. Dobbiamo cambiare zona di pesca. Mr. P annusa l’aria, tende le orecchie e sentenzia che secondo lui la run si e’ spostata sul corso principale dell’Okavango. Percorriamo alcuni canali e, appena entrati sul fiume, una lunga fila di egrette appostate sull’acqua che ribolle ci segnala la presenza della migliore run di questi giorni! Incredibile! Iniziamo subito a lanciare e le catture non si fanno attendere. Da segnalare il primo big tiger, che ci impegna in un duro combattimento sotto la barca. In questo come nei successivi casi di catture “importanti”, osserviamo che i tiger fish più grandi mangiano in profondità e nel centro del fiume, quasi sempre a pochi metri dalla barca. 5 pounds, quasi 2,5 chili, niente male.image (8)

Sono passate le 13, siamo in ritardo per il pranzo e Mr. P ci trascina letteralmente via dal fiume. Mangiamo un boccone al lodge e, dopo neanche un’ora di pausa, siamo pronti a risalire in barca.

Dopo una mattina ricca di soddisfazioni, purtroppo il pomeriggio delude le nostre aspettative. La run su cui abbiamo pescato in mattinata si e’ spostata e quella che troviamo non ci regala catture da ricordare. Il più delle volte sono tiger di piccole dimensioni, e quando crediamo di avere in canna qualcosa di interessante, dopo pochi secondi ci rendiamo conto che si tratta di pesci gatto! La nostra confidenza con il fiume pero’ cresce sempre più. Ogni lancio, ogni recupero, ogni movimento, tutto e’ sempre più facile e naturale.DSC_3020

Al tramonto lasciamo le nostre canne per immortalare con foto e video la maestosa aquila pescatrice africana. Ci fermiamo in un’ansa del fiume, dove avvistiamo un meraviglioso esemplare appollaiato su una palma. Mr. P lancia nell’acqua un piccolo tiger che ha conservato proprio per l’occasione. E’ il momento: l’aquila prende il volo e plana silenziosa sul filo dell’acqua, a pochi metri dalla barca, per afferrare il facile pasto. Uno spettacolo!

Nonostante il pomeriggio difficile, la giornata si chiude con 13 catture: 1 bream, 2 pesci gatto e ben 10 tiger fish! E’ quasi buio, ritorniamo al lodge sorseggiando la nostra meritata birra. Dopo cena ci sediamo intorno al fuoco con Tiaan, che tra un bicchiere di brandy e coca e l’altro, si lascia un po’ andare e ci svela alcuni segreti sul comportamento dei big tiger.

Tiaan ci mostra alcune foto di barbel run epiche e delle sue catture record. Poi arriva la conferma di quello che abbiamo osservato sul fiume in mattinata. Tiaan ci spiega che a ridosso del muro di papiri cacciano i tiger più piccoli, mentre i big attendono pazienti prede più facili al centro del fiume e in coda alla run. Aggiunge anche che, nelle condizioni attuali del fiume, l’artificiale impiega circa 5 secondi per arrivare sul fondo e raggiungere la zona di pesca più redditizia. Consigli preziosi, che non vediamo l’ora di mettere in pratica.DSCN5228

 Terzo Giorno.

E’ l’ultimo giorno. Non stiamo nella pelle. Oggi vogliamo solo big tiger! Dopo una colazione volante raggiungiamo il molo, dove Mr. P ci aspetta con la barca armata di tutto punto. I terminali di acciaio e gli ondulanti da 22 gr nuovi di zecca brillano con le luci dell’alba e ci invitano a raggiungere il fiume.

Partiamo alla ricerca della run della mattina prima e, non appena entrati nel corso principale dell’Okavango, la troviamo, se possibile ancora più imponente. I pesci gatto sono visibili ad occhio nudo sotto il pelo dell’acqua che ribolle, mentre decine di egrette e altri uccelli acquatici banchettano senza sosta. Neanche il tempo di calare l’ancora e le nostre lenze già fendono l’acqua alla ricerca del tiger fish da sogno. I 5 pounds del primo giorno non sono male, ma siamo sicuri di poter fare meglio.

I consigli di Tiaan si rivelano presto azzeccati. Rispetto ai giorni precedenti lasciamo che l’artificiale affondi per qualche secondo in più e la misura media dei tiger cresce sensibilmente. Dopo un bel bream, qualche pesce gatto e diversi tiger di buone dimensioni, arriva il tanto atteso big.Tiger Fish

In questo tratto il fiume si allarga e la corrente e’ piuttosto forte. La tensione sul filo aumenta e con lei l’azione dell’ondulante, che quando ormai e’ al centro del fiume, a poca distanza dalla barca, viene attaccato violentemente.

Inizia così un duro combattimento: la canna e’ completamente piegata e il tiger conferma la sua proverbiale combattività con salti e strattoni continui in tutte le direzioni. Appena il tiger arriva sotto la barca, Mr P lo guadina con destrezza per poi agganciarlo al boga e slamarlo. E’ un bellissimo esemplare di oltre 7 pounds, più o meno 3,5 chili di puri muscoli! La livrea argentea splende alla luce del sole, la dentatura e’ davvero impressionante! Ammiriamo il tiger per qualche secondo e, dopo gli scatti di rito, lo restituiamo al fiume.

Chiudiamo la mattina con una ventina di catture e torniamo soddisfatti al lodge per pranzo. Un’oretta di pausa e siamo di nuovo in prima linea. La run ci aspetta dove l’abbiamo lasciata. Iniziamo come abbiamo finito prima di pranzo. I tiger sono ancora in piena attività e le catture si susseguono a buon ritmo. Da segnalare anche diverse rotture: le taglie importanti mettono a dura prova la nostra attrezzatura, malauguratamente sottodimensionata.

Poco dopo, quasi senza accorgercene, arriva il secondo big. Il rituale si ripete, l’attacco arriva in profondità vicino alla barca, ma il tiger riesce a sorprenderci ancora: per ridurre la tensione della lenza e slamarsi, questa volta nuota velocemente in direzione della barca. Un genio! Per alcuni secondi non ci accorgiamo nemmeno di averlo in canna! Poi, ormai sotto la barca, con una codata da il via ad un combattimento serratissimo. Dopo almeno 5 minuti di testate violente e virate improvvise sotto la barca, il nostro e’ costretto ad arrendersi al guadino del prode Mr. P. Il boga conferma quanto ci aspettavamo: un altro over 7 pounds! Tiger Fish Botswana

Continuiamo a pescare fino al tramonto. Le catture si susseguono a ritmo serrato, a fine giornata saranno 34: 1 bream, 10 pesci gatto e 23 tiger fish, più del doppio di ieri!

Dopo cena intorno al fuoco, tra un bicchiere di amarula e l’altro, festeggiamo con Tiaan le nostre 51 catture in poco più di due giorni di pesca a Nxamaseri. Siamo molto soddisfatti dei nostri costanti progressi e ci chiediamo cosa sarebbe successo domani. Purtroppo pero’ e’ tempo di partire. Sono stati giorni intensi, emozionanti, vissuti al massimo, a stretto contatto con una natura meravigliosa, e impreziositi dall’ospitalità di uno dei piu bei fishing lodge di tutta l’Africa.

Noi sappiamo già che prima o poi ritorneremo.image (12)

Chi volesse unirsi al gruppo o avere ulteriori informazioni su Nxamaseri e sulla pesca al tiger fish nel delta dell’Okavango può rivolgersi al nostro carissimo amico Tommaso Balestrini consultando il sito www.africome.com.

DSCN5215 DSCN5228 DSC_3020 DSCN5319 Matteo, Tiaan e Tommaso Tiger Fish Matte & Tommy foto 1 foto 2 foto 3 Tiger Fish Botswana image (2) tramonto sull'Okawango Tiger Fish image (8) Namaxeri Okawango image Okawango image (12)

La stanza dell’autocostruzione – 15 – Mesh Lures

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mesh lures minnow autocostruzioneUn autocostruttore di minnow, pesciolini artificiali, da non perdere: Mesh Lures, alias Gabriele Roscioli. Ha 28 anni e vive in Centro Italia, nella provincia di Teramo in Abruzzo. Probabilmente lo conoscete già come amministratore di uno dei più grandi forum di pesca a spinning alla trota, oppure per il suo blog… Se invece non lo conoscete, beh avete una ragione di più per leggere la sua intervista!  Di Mesh Lures ci piace non solo l’alto livello delle finiture e la robustezza complessiva delle costruzioni, ma anche l’essenzialità delle sue costruzioni. Dopo un autocostruttore iperealista e sognatore come Petri (stanza 14), qui abbiamo un autocostruttore concreto e micidiale: colori essenziali ma curatissimi nei dettagli e nell’equilibrio dei riflessi, nuoto impeccabile, forme tradizionali… sì, ma avete notato i volumi? Mesh Lures aggiunge un uso particolare dei volumi, quasi sempre abbondanti a dispetto della lunghezza, una scelta che può rendere micidiale esche di dimensioni contenute su predatori grandi e piccoli al contempo. Inoltre una vastissima gamma di esche molto diverse tra loro, da piccoli minnow da trota a grandi popper da spinning tropicale, passando per lipless e wtd e molto ancora.

mesh lures minnow autocostruzione1. Da quanto peschi?
Pesco dall’età di 7 anni circa.

mesh lures minnow autocostruzione2. Quando hai iniziato a costruire? Ti ricordi la tua prima creazione?
Ho iniziato a costruire artificiali 6 anni fa. Ricordo bene le mie creazioni, iniziai la mia avventura nell’autocostruzione facendo dei lipless. Fin da subito questa passione mi coinvolse moltissimo e ricordo di aver catturato subito qualche trota in laghetto con le prime esche. Le prime catture furono molto stimolanti ed appaganti e fin da subito scoppiò l’amore!

3. Perché hai iniziato ad autocostruire?
Nella vita cerco sempre di avere nuovi stimoli, nuove partite da giocare.
Costruire artificiali era un modo per vedere la pesca da un’altra prospettiva, per arricchire le mie pescate con un’esperienza più ricca.
Devo dire che costruire esche ha accresciuto ulteriormente la mia passione e la voglia di stare sull’acqua.

4. Quando peschi che tecniche pratichi, dove e rivolte a che pesce?
Pesco esclusivamente a spinning e casting, ho un fiume a meno di un chilometro da casa e la pesca con cui sono cresciuto è sicuramente lo spinning al cavedano che adoro pescare Topwater.

Nel tempo la passione per le acque correnti è rimasta ma spostando l’obiettivo verso le trote, che insidio in vari ambienti dai fondovalle medi, ai classici micro fossi appenninici.

mesh lures minnow autocostruzioneUn altro pesce che sicuramente amo pescare è il Bass, che insidio sia da terra che dal belly boat.

Dedico alcune pescate durante l’ anno anche al luccio e allo spinning in mare.

5. Qual’è il tuo più grande vizio?
Sicuramente il cibo, Sono terribilmente goloso.

6. Qual’è il materiale che ami di più? E quale tecnica di costruzione?
Per il momento utilizzo solo legno per le mie esche in particolare il mio preferito è il legno di samba. Amo lavorare il legno, quindi mi piace molto la sgrossatura e sagomatura dell’artificiale anche se trovo che la parte più divertente del processo produttivo sia quella della colorazione.mesh lures minnow autocostruzione

7. Nel corso degli anni produttori e tecnologie hanno migliorato molto le nostre attrezzature da pesca, per te qual’è stata la novità più utile e rilevante?
Trovo che una grossa novità nel campo dello spinning siano stati i fili trecciati che di certo hanno portato grossi vantaggi in alcune situazioni di pesca. Se posso permettermi mi sento di citare anche la peggiore invenzione fatta negli ultimi che a mio parere è il Boga grip. Attrezzo che non riesco davvero a sopportare.

8. Qual’è l’elemento che conta di più nel successo di un artificiale? Colore e realismo, equilibrio dei pesi e vibrazioni, forma e sua idrodinamica?
Io trovo che un artificiale sia una fusione di idee e concetti, si crea un esca combinando vari aspetti e accorgimenti per ottenere quello che si cerca. Quindi penso che non sia mai un solo elemento a determinare l’efficacia di un esca ma bensì il giusto mix di vibrazioni, forma, peso.mesh lures minnow autocostruzione

Per quanto riguarda invece il discorso cromatico trovo che quello che conta maggiormente sia il colore di fondo, oppure il contrasto tra i colori utilizzati, più dei dettagli della livrea. Ma un altro aspetto fondamentale per l’efficacia dell’artificiale è la fiducia con cui il pescatore lo utilizza, in questo senso se i dettagli riescono a creare maggiore fiducia nel pescatore ben vengano! Per quello che riguarda la mia personale opinione però sono abbellimenti estetici che interessano più il pescatore piuttosto che i pesci…

9. Ci descrivi i principali processi/fasi della costruzione di un tuo artificiale?
I miei artificiali nascono da una fase di progettazione. Creo successivamente su legno il prototipo precedentemente studiato. Solitamente creo più grezzi in modo da provare più soluzioni ad esempio sulla piombatura o sulla posizione della paletta. Utilizzo diversi metodi per creare l’armatura e in base al tipo di artificiale scelgo se usare l’armatura passante o gli anellini incollati. Successivamente il grezzo viene impermeabilizzato e vengono fatte le prove in acqua.
Dopo i test vado a modificare l’esca fino ad ottenere il risultato desiderato.
Gli altri passaggi a livello costruttivo che eseguo sono la stesura di un fondo bianco per preparare la verniciatura che poi eseguo con bombolette spray. Le fasi finali sono: la stesura della resina epossidica, la ripulitura degli anellini e, dove necessario, l’incollaggio della paletta in lexan.mesh lures minnow autocostruzione

10. Quanto tempo dedichi all’autocostruzione? Quanto alla pesca?
Dedico molto tempo ad entrambe non riesco a quantificarlo in maniera precisa ma diciamo che ogni minuto libero è dedicato ad una della due cose.

11. Cos’è per te la pesca? Cosa significa per te costruire esche?
La pesca per me è una vera e propia malattia tra l’altro incurabile!
Una passione in cui fondo tutto il mio modo di essere; amore per la natura, solitudine, tranquillità, riservatezza.
La pesca se da un lato mi permette spesso di riconcigliarmi con me stesso dall’altro lato mi ha permesso di stringere forti rapporti con alcune delle persone con cui amo condividere le mie pescate
Quindi una passione, un divertimento, un modo per sfogare se stessi ma anche un modo di conoscere e farsi conoscere dagli altri.mesh lures minnow autocostruzione

12. Qual’è la tua marca di esche artificiali presente sul mercato preferita?
Adoro guardare, studiare e provare artificiali di ogni tipo. Quindi citare un solo marchio sarebbe riduttivo. Alcuni marchi che mi piacciono molto sono ad esempio: Duo , Deps , Yo zury , Rapala etc. etc.

mesh lures minnow autocostruzione13. Qual’è il tuo sogno di costruttore di esche?
Il desiderio principale è quello nel tempo di evolvermi e continuare sempre ad avere nuovi stimoli in pesca grazie alle mie esche e alla loro progettazione.
Il sogno è quello di farne un lavoro vero e proprio .

14. Se potessi scegliere un altro costruttore a cui affiancarti, presente o passato, il più bravo, chi sarebbe?
Scegliere un solo nome è difficilissimo. Trovo che la scena italiana stia migliorando sempre di più sia per quantità che per qualità degli autocostruttori. Dovendo citare un solo nome ; per stile , precisione e idee dico Tiziano Tozzi in arte tiziano78.

15. Quali sono, nell’ordine, i primi materiali e attrezzi che consigli a chi vuole iniziare ad autocostruire? E con quale imitazione partire?
mesh lures minnow autocostruzioneCome utensili consiglio delle cose semplici che tutti abbiamo in casa: una sega, delle pinze, una cesoia, raspa, un trapano. Come materiali consiglio il legno di samba, acciaio inox se possibile e alluminio o ancora meglio lexan per le palette. Come imitazione io consiglierei di partire con un senza paletta di circa 7 cm. Dimensioni ridotte rendono l’esca più complessa da realizzare con precisione mentre al contrario artificiali di grosse dimensioni possono essere troppo laboriose con attrezzi non troppo specifici.

Inoltre consiglio di leggere e informarsi molto su internet dato che ormai sul web è possibile trovare tantissime informazioni sulla costruzione di artificiali, evitando o limitando i piccoli inghippi che capitano ad ognuno nei primi tempi.

16. Che consigli daresti a chi si avvicina all’autocostruzione?
mesh lures minnow autocostruzioneA chi si avvicina all’autocostruzione dico di non farlo per risparmiare dei soldi, innanzitutto perché considerando i materiali ma soprattutto i tempi di realizzazione in realtà un grosso risparmio non c’è, soprattutto ora che internet ci permette spesso degli affari sui vari mercatini.

Consiglio di avvicinarsi all’autocostruzione per creare qualcosa di proprio, qualcosa che non si trova normalmente in commercio e che quindi si adatta particolarmente ai nostri posti e al nostro modo di pesca.

Infine consiglio di non puntare all’ estetica a tutti i costi ma di badare prima alla sostanza delle esche, poi se c’è il lato estetico ancora meglio ma deve essere un valore aggiunto ad un esca già ben realizzata.

Qui di seguito i recapiti per coloro che vorranno contattare Mesh Lures e vedere i suoi lavori:
http://meshlures.blogspot.it
meshlures@gmail.com

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Pesca al salmone nello Yemen

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Copertina di Pesca al salmone nello Yemen di Paul TordayLiberamente tratto da “Pesca al salmone nello Yemen” di Paul Torday, edito da Elliot nel 2012.

Non lo nascondo, ho visto prima il film, Il pescatore di sogni, in cui si vedono eleganti loop eseguiti da un abile Ewan McGregor. Il film è molto più “americano” del libro che conserva un’ironia tutta britannica. Mail, comunicazioni e narrazione si intrecciano per creare una trama molto più avvincente rispetto al film, e portano a un finale al fulmicotone, completamente diverso. Immergendosi nella lettura ci si perde nelle considerazioni poetiche dello sceicco sulla pesca a mosca che spaziano dalla fede che guida anche il pescatore più ateo a quanto il suo esercizio appiani le differenze sociali tra i pescatori.

«Frequento questo paese da molti anni» ha proseguito Sua Altezza «e ho notato una cosa curiosa. Lei mi perdonerà se parlo con franchezza dei suoi connazionali, vero?». Ho annuito, ma la sua doveva essere una domanda retorica, perché ha proseguito senza la minima pausa. «Qui c’è ancora molto snobismo. Anche nel nostro paese esistono differenze sociali, ma tutti le accettano senza problemi. Io sono uno sceicco e provengo dalla classe sayyid. I miei consiglieri sono cadi. Gli uomini che lavorano nelle mie proprietà, a casa, sono nukka o anche akhdam. Ma ognuno di essi sa stare al proprio posto e parla agli altri senza imbarazzo, senza timore di cadere nel ridicolo.

Qui nel Regno Unito non è così. Pare che nessuno sappia a quale classe appartiene. Qualunque sia la sua condizione sociale, se ne vergogna e si comporta come se provenisse da un’altra. I membri della vostra classe sayyid adottano il linguaggio dei nukka per non farsi notare, si esprimono come tassisti e non come signori perché temono di essere giudicati male. Ma è vero anche il contrario. Un macellaio, un jazr,può diventare molto ricco e sforzarsi di parlare come un sayyid. Anche lui si sente a disagio se pronuncia male una parola o indossa una cravatta sbagliata. Il vostro paese è dominato dai pregiudizi di classe. Non è vero, Harriet Chetwode-Talbot?». Harriet ha sorriso, piegando la testa di lato senza dire una parola.

«Ma ho notato» ha proseguito Sua Altezza «che c’è un unico gruppo di persone che, nella passione per lo sport, ignora le differenze di classe. I sayyid e i nukka si mescolano, si ritrovano gli uni accanto agli altri sugli argini dei fiumi, si parlano liberamente senza ritegno o imbarazzo. Naturalmente sto parlando dei pescatori di salmoni, o meglio, dei pescatori di ogni genere. Nobili o umili, ricchi o poveri, dimenticano se stessi nella contemplazione di uno dei misteri divini: il pesce, e il perché qualche volta abbocca e altre volte no». Ha alzato impercettibilmente il suo bicchiere, e Malcolm è arrivato prontamente al suo fianco con una bottiglia e un sifone da seltz. «Anche il mio popolo ha i suoi difetti» ha proseguito lo sceicco. «Siamo gente impaziente, talvolta violenta, pronta a metter mano alla pistola per chiudere una discussione. Sebbene la nostra società sia, per molti aspetti, antica e organizzata, noi siamo prima di tutto membri della nostra tribù e solo in secondo luogo cittadini della nostra nazione. Dopotutto, la mia famiglia e la mia tribù vivono sulle montagne dello Heraz da più di mille anni, ma la nazione esiste soltanto da qualche decennio. Vi sono ancora molte divisioni nel mio paese che, fino a non molto tempo fa, era composto da due stati e, ancora prima, da molti regni: Saba, Najran, Qa’taban, Hadramaut.

Ho notato che qui da voi, nonostante si verifichino atti di violenza e aggressioni – gli hooligan, per esempio -, esiste un gruppo di persone per le quali la pazienza e la tolleranza sono le uniche virtù. E sono appunto i pescatori, soprattutto i pescatori di salmoni». La sua voce era calma e pacata, ma aveva il dono di saper catturare l’attenzione e il rispetto con ogni parola che pronunciava. Io non ho detto nulla: non osavo, né desideravo interrompere il corso dei suoi pensieri.

«Sono giunto a convincermi del fatto che creare un fiume popolato da salmoni nello Yemen sarebbe sotto molti aspetti una benedizione per il mio paese e per i miei concittadini. Sarebbe un miracolo se si realizzasse, lo so. Il mio denaro e le sue conoscenze scientifiche, dottor Alfred, da soli non basteranno. Ma, proprio come Mosè ha trovato l’acqua nel deserto, se Dio vorrà noi permetteremo ai salmoni di nuotare nelle acque dello Uadi Aleyn. Se Dio vorrà, le piogge estive riempiranno gli uadi, noi pomperemo l’acqua dalla falda, e i salmoni nuoteranno nel fiume. E allora i miei concittadini – di tutte le classi – potranno ritrovarsi sugli argini, fianco a fianco, a pescare i salmoni. E anche la loro natura cambierà. Proveranno l’incanto di questo pesce argentato, e l’amore irresistibile, che lei e io conosciamo, dottor Alfred, per questa creatura e il fiume in cui essa nuota. E allora, quando si inizierà a discutere su ciò che una certa tribù ha detto o un’altra ha fatto, o su come comportarsi con gli israeliani o con gli americani e le voci si faranno accese, ci sarà qualcuno che dirà: “Alziamoci e andiamo a pescare”».


Apertura della Trota. Un rito dal fascino irresistibile

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trout_rise_mike savlen

“Trout Rise” di mike savlen, savlenstudios.com
(Tratto da capitanrustyhook.com)

Quella delle quattro stagioni è una convenzione priva di senso, comoda per dare titoli ai film e scandire le passerelle della moda. Il tempo è circolare e non solo in termini Nietzschiani, anche intendendo la quotidianità o la ciclicità meterologica o quella piccola grande rotazione nello spazio che amiamo definire “anno”. L’unica vera distinzione dell’arco tempo che abbia un senso ed un significato in termini fisici e metafisici è, chiaramente, quella che divide la vita intera in: “Stagione della pesca alla trota” e “Attesa”.
L’una si magnifica nell’altra. Gotthold Ephraim Lessing, un tedesco che amava scrivere sulle Smemoranda delle adolescenti, disse: “L’attesa del piacere è essa stessa piacere“; io aggiungo: “il piacere è tale se alternato alla sua attesa”.
Non c’è il bene senza il male, non c’è gioia senza dolore, non c’è bestemmia senza preghiera, non c’è “apertura” senza “chiusura”. L’equilibrio è Yin e Yang. La dicotomia spiega l’unità. L’uno è il tutto. Le due stagioni sono le due facce della stessa medaglia: la medaglia si chiama Pesca alla Trota. La pesca alla trota è, per il pescatore di trote, una definizione della sua vita. Il resto è accessorio, la vera passione è sostanziale.

Apertura Trota 2011

Alla scoperta dell’alto Sesia nell’Apertura 2011

Un altro tipo in gamba, Socrate, molti anni fa diceva “Una vita senza ricerca non vale la pena di essere vissuta“; questa è la più grande verità e di fatto la ricerca della verità sarà essa stessa la nostra verità. Il pescatore ricerca pescando ed è un pescatore ancora ingenuo se pensa di ricercare catture. Non importa né l’età né quanti e quali pesci abbia catturato, è un fanciullo inesperto se crede davvero che la cattura sia il fine della sua ricerca, la cattura è il mezzo; il mezzo che testimonia il progresso compiuto, la cattura è il mezzo che prova al pescatore di aver fatto un passo avanti nella ricerca. La ricerca della conoscenza, della comprensione della natura e del nostro ruolo in essa. Di fatto il pescatore cerca nella cattura la conferma di essere un bravo pescatore, il pesce è il messaggero di questa conferma o smentita.

Disegno Trota

Disegno di Tono Puicercus, flyfishingstudio.com
(Tratto da capitanrustyhook.com)

Chi aspetta l’apertura per avventarsi sui pesci appena immessi, chi dall’apertura pretende immissioni generose e pronte catture, non è una cattiva persona e non è che ami la pesca meno di altri, è solo un pescatore che ancora non si è posto le domande giuste! La prima domanda è: perchè ti piace pescare? Una risposta sarà senz’altro: perchè mi piace catturare pesci. La seconda domanda è: perchè ti piace catturare i pesci? Trovare una risposta esaustiva e sincera, che non si accontenti di un “è divertente” o di un “per mangiarli” è un compito arduo e gratificante che ogni pescatore dovrebbe prefiggersi. Cercando la risposta scopriremo che la domanda stessa è parte della risposta.

Il pescatore è un privilegiato perchè dialoga costantemente con il fanciullino che è in noi, senza scomodare i poeti del ’900, diceva il discepolo del tipo in gamba, un certo Platone: “È dentro noi un fanciullino che non solo ha brividi [...] ma lagrime ancora e tripudi suoi“, il pescatore si emoziona e vive con la spontaneità dei puri. Il pescatore nella pesca può, a suo piacimento, scappare dalla realtà contingente in semplice evasione o reinterpretare tutta la realtà della vita dando senso al tutto nelle forme dell’acqua.

"Fishing the deschutes" di Philip, illustratedtrout.blogspot.it

“Fishing the deschutes” di Philip illustratedtrout.blogspot.it/

Il pescatore fanciullino è privilegiato perchè quando compra un’esca da pochi soldi si è comprato un tesoro, quel regalo ambitissimo che sognava da piccolo e che continuerà sempre a sognare. Il pescatore di trote nell’attesa rivive per tutta la vita la magia dell’avvento! Ricordate quando credevate a Babbo Natale? Ricordate quando sapevate con una rassicurante certezza che quel giorno sarebbe stato bellissimo, perchè vi sarebbero arrivati i regali, l’affetto dei parenti e avreste avuto tutte le attenzioni e vi sareste abbuffati di cibo delizioso per poi correre a giocare con tanti giochi nuovi? Quel giorno era fantastico e l’attesa di quel giorno era una deliziosa tortura, iniziava constatando che si faceva buio presto ma le strade si erano illuminate di lucine colorate, i giorni erano scanditi da caselline aperte sul calendario, trepidando nel desiderio di sogni realizzati…
Il calendario dell’avvento del pescatore di trote, inizia passate le feste del Natale! Un giorno dopo l’altro più vicino al momento, si prepara tutto meticolosamente, si deve essere pronti quella mattina. L’attrezzatura è passata in rassegna, ci si confronta con amici e negozianti, eppure sembra sempre manchi qualcosa… un’esca, il filo giusto, la conferma di un amico che dovrebbe raggiungerci, la scelta del posto esatto o chissà cos’altro.

Apertura Trota 2013

Euforia dell’Apertura 2013 immersi nella neve!

Il giorno arriva ed il pescatore consapevole sa che non è un buon giorno per catturare, è ancora inverno, l’acqua è gelida, ma la gioia della celebrazione rituale della pesca alla trota è incontenibile. Sono ancora settimane in cui è bene non mettere nemmeno un piede in acqua per non rovinare fregole, in cui non dovremmo stressare le regine, ed evitare le marmorate. Sono ancora settimane in cui al fiume dobbiamo approcciarci in punta di piedi, quasi in contemplazione, dovrebbe essere un corteggiamento al fiume più che un assalto!

"Summer Memories - Upper Falls" di Andrea Manocchia Grazie a www.capitanrustyhook.com da cui è tratta!

“Summer Memories – Upper Falls” di Andrea Manocchia
(Tratto da capitanrustyhook.com)

Ecco, non è andata come doveva… volevo fare un articolo sui preparativi per l’ “apertura della trota a spinning”, invece ho iniziato a perdermi in pensieri su cosa significa per me essere un pescatore di trote e di preparativi non ho detto nulla… Non mi resta che invitare tutti a leggere i consigli che l’anno scorso su questo blog hanno dato 5 grandi pescatori!
In sintesi è bene ripetersi questo mantra: per catturare si deve essere silenziosi, indugiare nelle buche, nell’acqua lenta, scegliere esche lente e vicine al fondo oppure di reazione, ma sempre lente. Per rispettare il momento: piede asciutto, limitare al massimo i tempi di recupero dei pesci e slamarli con particolare cura considerando che in questo periodo sono indeboliti da freghe ed inverno.

Trota Iridea Apertura Trota

Una delle trote prese nella neve dell’Apertura 2013

Magari potreste anche rileggervi come sono andate le ultime 3 aperture dell’Anonima Cucchiaino, molto è cambiato in noi in soli tre anni: l’apertura del 2011 che ci vedeva alla scoperta di mondi nuovi e si concluse con un sonoro cappotto, l’apertura 2012 che vide una fario da 39 centimetri scura e arrabbiata abboccare agli ultimi istanti di una lunga giornata e quella del 2013 dove l’impresa epica di aver affrontato una bufera di neve all’alba è stata ripagata da pasciute iridee.

L’apertura 2014 non sappiamo se prenderemo qualcosa e forse non ci importa neppure troppo, il cappotto invernale è sempre in agguato, ma sappiamo per certo che settimana prossima avremo un’avventura da raccontare. Abbiamo serrato i ranghi delle esche, ribobinato i mulinelli, controllato le canne, i permessi, moschettoni ami e ancorette, l’abbigliamento e il pernottamento, abbiamo studiato il territorio, abbiamo riflettuto sul perchè ci piace pescare, insomma stiamo dando di matto. Per finire faremo un sopralluogo il giorno prima e la sera, aiutati dall’acqua di trota (grappini), studieremo la strategia… noi siamo pronti, pronti a divertirci, pronti a lasciarci alle spalle tutte queste chiacchiere e ad essere sorpresi ancora una volta con la mente libera, appesa solo al filo che recupera l’esca.

Rendiamo grazie al sacro rito dell’Apertura. Amen.

Rock’n'Rod
See you spoon
In Rod We Trust

Per capire meglio chi sia “il pescatore di trote” sono da leggere tre libri strepitosi che abbiamo recensito: “My moby Dick“,  ”Come si pesca la trota”  e “Pesca alla trota in America

Trota Iridea Apertura Trota fishing the deschutes di philip
illustratedtrout.blogspot.it Trota Apertura 2012 brown trout study di philip Apertura Trota 2013 brown_trout_painting__mike savlen (savlenstudios.com) Neve all'Apertura Trota 2013 Apertura Trota 2011 trout_rise_mike savlen Momenti di contemplazione e pura pace all'apertura 2012 "Summer Memories - Upper Falls" di Andrea Manocchia
(Tratto da capitanrustyhook.com) scouting sesia 2012 Neve all'Apertura Trota 2013 apertura 2012 DIsegni di Tono Puicercus, flyfishingstudio.com
(Tratto da capitanrustyhook.com)

Report Apertura della Trota 2014 a spinning

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Magia del Release

Magia del Release

Francesco, fratello di Anonimo di Serie A, cioè mio fratello, da sempre assiduo compagno delle nostre pescate, ci onora raccontando come ha vissuto l’Apertura della Trota con noi. Da leggere col fiato sospeso fino alla fine! Qui inizia il suo racconto:

Fiume Sesia -2″ al primo lancio

Ore 6:14, 58″.
Appoggio l’indice sul trecciato, apro l’archetto, il Mepps 4 argento danza davanti a me solcando il buio della notte. Carico il lancio, respiro a fondo concentrandomi sul fiume che scorre innanzi a me. Ho aspettato questo momento per 138 giorni, 8 ore 14 minuti e 58 secondi.

Sacralità della pesca ll'apertura

Sacralità della pesca all’apertura

Varallo Sesia -10h al primo lancio

L’appuntamento con Pietro e Matteo è al bar del Ponte, non mi è difficile individuarli sono gli unici avventori; a differenza delle calde serata estive la città è deserta.

Sacromonte di Varallo

Sacromonte di Varallo

Tempo di sedermi ed è subito spritz e chiacchiere di pesca. Mi raccontano dello scouting fatto durante la giornata, del fiume, della temperatura dell’acqua, delle trote viste, del meraviglioso Sacro Monte di Varallo raggiunto a piedi per ingraziarsi gli dei della pesca…
Una strana ebrezza riempie i nostri discorsi,data forse dalla consapevolezza che una lunga attesa sta per terminare.
Ognuno di noi ha delle date particolarmente importanti nel proprio calendario: il proprio compleanno, l’anniversario di matrimonio, il derby della squadra del cuore, il concerto dei Cereal Killers, il Pedrone Trophy, L’Anonima e i suoi amici hanno l’Apertura della pesca alla Trota.

Seisa e neve...

Sesia e neve…

L’attesa inizia un minuto dopo l’ultimo lancio del giorno della chiusura e la inganniamo comprando nuove esche, ingrassando mulinelli, cambiando ancorette, affilando ancorette, ricambiando ancorette, studiando testi sacri, girando per casa con i waders, andando a pesca di lucci, aspi, bass… l’aspettiamo trepidanti sapendo che non ci deluderà mai.

Paesaggi del Sesia

Paesaggi del Sesia

Ostello la Sfinge -6h 30′ al primo lancio

Cena del Sabato

Cena del Sabato

Dopo una splendida cena al ristorante Pianebelle a base di carne alla brace innaffiata da dell’ottima Barbera (grazie Matteo!) ci dirigiamo come giovani liceali in interrail all’ostello dove ci aspetta una accogliente seppur un po’ fredda stanza tripla con bagno sul ballatoio.
La parola d’ordine è “a letto presto”, ma è un attimo ricadere in un ultimo controllo dell’attrezzatura. Pietro e Matteo si confrontano su un arsenale di esche incredibile facendo scattare il più classico dei “celo celo manca” alieutici con annessi scambi. Mi butto anch’io nella mischia scambiando un fantastico Brazzers (BX Minnow Rapala… N.d.R.) per due Mepps 4 e qualche girella a scambio rapido…mah!!

Alcuni artificiali passati in rassegna

Alcuni artificiali passati in rassegna

Si sta facendo sempre più tardi… avendo studiato sappiamo perfettamente che in questa stagione con queste temperature non ha molto senso approcciare il fiume un’ora prima dell’alba, ma questa è l’Apertura, il giorno in cui si tornano a inseguire i propri sogni… o per qualcuno i propri demoni… e allora non si può perdere neanche un secondo.
Si spegne la luce, buonanotte.

Fiume Sesia primo lancio 2014

Ore 6:15, un’ora prima dell’alba.
Il mio artificiale vibra nell’aria tersa per lasciarsi cadere nel nero scorrere del fiume. Un istante, giro la manovella, si chiude l’archetto, si tende il filo…sono tornato a pescare.
Guardo Pietro e Matteo capisco che siamo dove dobbiamo essere e siamo felici.
La luce della luna riflessa sulla neve delle montagne a fondo valle ci restituisce il nostro fiume e siamo di nuovo a casa.

Splendore del Sesia

Splendore del Sesia

Invernizzi's Brothers

Invernizzi’s Brothers

Fiume Sesia 6h dal primo lancio

Jacopo sul fiume

Jacopo sul fiume

Quando andiamo a pescare guardiamo il cielo sperando di vederlo coperto, velato, ma oggi dobbiamo subire una splendida giornata, un caldo anticipo di primavera.
Adesso Pietro nel suo essere di Serie A non è più solo a saltellare di roccia in roccia e lanciare le esche più gustose con stile impareggiabile, ma accanto a lui c’è ora Jacopo che ci ha raggiunto superando innumerevoli ostacoli tra cui il devastante post festa di compleanno di sua figlia (Auguri Cecilia!). La serie B?! Franco era impegnato come Ghost Writer dei tweet di Icardi, mentre Francis doveva stirare le camicie da boscaiolo canadese a Milano.
Io e Matteo sempre e comunque in bello stile forse eccediamo nel recupero lento dell’artificiale e complice il non poter entrare in acqua sacrifichiamo non pochi artificiali agli dei della pesca, ma non demordiamo nella ricerca della prima trota della stagione.

Francesco medita e si gode il sole

Francesco medita e si gode il sole

Dopo 6 ore di pesca, un cambio di spot, km di fiume risaliti e ridiscesi per il più classico dei “pelo e contropelo” rigorosamente a piede asciutto, artificiali persi, il peggior caffè del 2014, l’aver driblato innumerevoli altri pescatori di tutte le tecniche, stanchi ma felici posiamo le canne e ci concediamo un lauto pranzo.

Serie A posing!

Selfie: serie A si spara le pose!

Gattinara Travaglini 2005 & canne da pesca

Gattinara Travaglini 2005 & canne da pesca

Quattro amici, otto panini, una gran bottiglia di Travaglini Riserva 2005 (Grazie Matteo!), un prato, il fiume che scorre ai nostri piedi e tra un boccone e l’altro la moviola alieutica…questa è felicità, questa è l’apertura.
La mattinata è stata avara di catture, si conta solo una iridea “selvaggia” di Pietro, ma non di emozioni; qualche bella trota l’abbiamo vista seguire le nostre esche, schizzare verso il fondo lama davanti al nostro incedere sulla riva, ma non c’è di certo la frenesia di certe mattine d’estate.
Ultimo morso al panino, ultimo sorso di vino e di nuovo in marcia alla ricerca di un hotspot.
Andiamo a nord sapendo di trovare la neve, ma giocando sul fatto che il tratto interessato non sia completamente all’ombra e che la temperatura rasenta oramai i 16 gradi.
Il paesaggio è qualcosa da togliere il fiato, le sponde sono coperte da un compatto strato di neve e il fiume scorre limpido e placido tra esse.

Iridea paffuta

Iridea paffuta d’immissione…

Escluso Pietro e la sua ciccio-iridea siamo tutti alla ricerca spasmodica dello scappottamento; le andiamo a cercare, tentare, eccitare con recuperi lenti all’ombra della sponda opposta con ondulanti opachi e finalmente alcune giovani vigorose fario regalano ad ognuno di noi l’emozione dell’abboccata, della ferrata, del recupero e, ovviamente del release!

Trota Fario C&R

Trota Fario C&R

Trota Fario C&R

Trota Fario C&R

Francesco e una fariotta

Francesco e una fariotta

Fiume Sesia 11h dal primo lancio

La giornata scorre placida verso l’epilogo, ma abbiamo ancora un languorino… Ultimo spot della giornata è una splendida lama che in passato ci ha regalato grandi emozioni. La magia del fiume è anche non essere mai uguale a sè stesso; l’ultima volta in cui ho pescato qui era in piena e pescavo aggrappato agli alberi, oggi abbiamo a disposizione una comoda spiaggia per il nostro spinning.

La nuova combo da marmo di Pietro posa sulla neve.

La nuova combo da marmo di Pietro posa sulla neve. (canna custom 2oz per 9′; shimano Twin Power 4000 japan)

Pietro, un uomo che sul proprio giubbino ha più patch di un harleysta di San Francisco o di Maveryk in Top Gun, estrae il porta esche delle grandi occasioni e supportato dalla sua nuova canna e da un super mulinello monta uno xxxxxx xxxxxxxx  (censurato N.d.R.) che fa sembrare il mio tandem un esca per bambini.
Smetto di lanciare e osservo il movimento dell’esca in acqua, è davvero realistica.
A pochi passi da noi un ricircolo della corrente apre un oblò verso il fondo sabbioso ed è un attimo scorgere una enorme marmorata seguire l’esca. (Davvero enorme, il demone che mi insegue! N.d.R.)
È un attimo, ci vede, si gira e lentamente pinneggiando se ne va. Non era oggi il nostro giorno, o forse voleva solamente lanciarci un guanto di sfida.
Verremo a prenderti. La stagione è appena iniziata.

SEE YOU SPOON
ROCK’N'ROD

Fariotta a rotante Sacralità della pesca ll'apertura Pescatore nella neve (anonimo 2014) Serie A posers! Pietro in pesca Invernizzi's Brothers La trota di Matteo Gattinara Travaglini 2005 & canne da pesca Selfie Pietro & Matte @ Sacromonte Sacromonte di Varallo Varallo dal Sacromonte di Varallo Sacromonte di Varallo Spettacolo Release B/W Pietro si prepara al prossimo lancio IMG_2364 Serie A posing! La nuova combo da marmo di Pietro posa sulla neve. Francesco medita e si gode il sole Paesaggi del Sesia Un anziano in pesca... Il Sesia e 4 canne in attesa Trota Fario C&R Trota Fario C&R Trota Fario C&R Cena del Sabato Cena del Sabato Cena del Sabato Sacromonte di Varallo Sacromonte di Varallo Sacromonte di Varallo Bangher Rod, twin power 4000 japan, rapala cd7 (1 ancoretta) Dettaglio Bangher ROd Dettaglio Bangher ROd I primi avanotti in Sesia! Splendore del Sesia Splendore del Sesia Magia del Release Francesco e una fariotta Iridea paffuta Jacopo nella neve Seisa e neve... FIore bucaneve... Walking down to the river... Notare patch "Anonima" ;-)

C’era una volta una trota marmorata a spinning…

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record trota marmorata big pietro invernizzi spinning

C’era una volta una trota marmorata…

C’era una volta una strada angusta che portava dalla grande città del piano alle pendici di montagne imponenti, laddove un fiume serpeggiava tra vallate verdi d’estate e bianche d’inverno.
Quella strada angusta avea nome di Autostrada Milano-Torino… Si narra che in tempi antichissimi fosse una strada come altre, fino a quando avidi stregoni scoprirono un maleficio: quanto più tempo si fossero impegnati a molestare quella strada, tanto più avrebbero guadagnato denaro dello stato. Come fece Penelope con la sua tela, essi di giorno costruivano un pezzo di nuova corsia e di notte ne distruggevano un’altra parte…
Fu così che all’alba di sabato primo di marzo dell’anno duemilaequattordici, un quasi giovane pescatore, indomito cavaliere della brigata Anonima Cucchiaino, affrontò quel periglioso cammino nel buio che precede l’alba. 

asfalto bagnato all'alba

Uscendo da Milano all’alba…

Scrosci di pioggia trasformavano la mescola di asfalto-saponato in una trappola per automobili e la carreggiata si restringeva ora ad una ora a due corsie, per la gioia di grossi autotreni che potevano spingere i malcapitati automobilisti verso i guardrail.
Resistette allo sconforto e arrivò vittorioso e indenne sulle rive del fiume e, laddove si era chiusa l’Apertura, cominciò questa seconda giornata di pesca alla trota.
Con i waders addosso scese il giovane dall’auto per armare la sua portentosa canna, erano le 7 e 15 minuti.
Lo raggiunse il compagno di ventura Matteo, senza che si fossero dati appuntamento preciso, entrambi sapevano che quello era il punto e l’ora in cui trovarsi a lanciare. Quasi tre ore di pesca trascorsero in quella lama tenebrosa, con la pioggia che entrava nelle ossa e un vento gelido che sferzava la faccia. Una trota discreta fu allamata e persa da Matteo con una gomma su testa piombata, una trota vigorosa strattonò il CD11 del giovane milanese. L’esca, armata con una sola ancoretta di coda, non fece allamare il misterioso salmonide. Infine una trotella fugace inseguì svogliata un’esca grande quanto lei. Era tempo si spostassero.

Paesaggio da fiaba...

Paesaggio da fiaba…

Salirono insieme, baldanzosi e infreddoliti, verso una parte più alta della valle dove il greto del fiume era ammantato da alcuni centimetri di candida neve e chiuso tutto intorno da scure pareti di roccia da cui scaturivano prodigiosi salti d’acqua alti anche decine di metri. Era un paesaggio da fiaba. Tanto incanto faceva dimenticare il freddo e la fame e li spronava a lanciare senza posa camminando sul greto del fiume. Non un suono nell’aria oltre quello dell’acqua che correva copiosa, una decina di centimetri più alta della settiamna precedente e leggermente più velata di un verde intenso.
Giunsero a due lame lunghe e quasi immote, il gagliardo Anonimo acquattato come lince nella neve vide una trotella guizzare per un istante dietro il suo grande minnow. Stufo di cotanto cappotto, che perdurava ormai da oltre quattro ore, decise di innescare una piccola gomma dai colori accesi su di una minuta testa piombata. <Perbacco, adesso la faccio saltellare sul fondo e voglio vedere se quella fariozza non abbocca!>, disse il pescatore, e così fece il suo lancio. Un saltello, due saltelli ed ecco la sospirata abboccata fece vibrare la canna! La quieta superficie della lama fu rotta dal dimenarsi di quella splendida creatura, una trota fario sui venticinque centimetri.

Trota fario a gomma

Trota fario a gomma

Da quel momento fu una festa di abboccate e recuperi, di trote allamate e portate a riva in sequenza. Alla quarta trota catturata e liberata, Matteo che pescava più a valle in una buca più profonda, raggiunse l’Anonimo e si unì alla sfida: scappottare per meritarsi il pranzo! Liberata la settima fario del milanese anche Matteo, dopo diverse allamate e perse, portò a riva una bellissima trota fario. Fu l’ora solenne di cercare ristoro alla locanda del vicino borgo. Là il Savio Maestro e l’ottimo Fabio aspettavano i nostri.

 

Trota fario a gomma

Trota fario a gomma

Un pasto non esattamente frugale poté ritemprarli: risotto alla milanese e bollito alla piemontese e tanto tanto amore per il termosifone alla parete. Discorsi eruditi di accademia alieutica allietarono il desinare.
Ancora dovevano suonare tre rintocchi al campanile di Varallo quando il fiume Sesia si stupì di rivedere Matteo e l’Anonimo ancora sulle sue sponde, ancora intenti a lanciare nelle sue fredde acque. Pescarono insieme un tratto breve di fiume quando Matteo, vinto dalle intemperie e dagli impegni famigliari, batté in ritirata.
<S’io fossi foco mi riscalderei, s’io fossi vento mi lascerei in pace, s’io fossi furbo me ne andrei a casa!> esclamò il quasi-giovane di Milano, eppur non se ne andò, ma solitario e ramingo si diresse verso altra zona del fiume.
Rifece il finale fumando il suo tabacco in silenzio sacrale, controllò bene i nodi tra il Power Pro da 30lb ed il fluorocarbon 0.35mm, controllò scrupoloso l’integrità del moschettone e vi attaccò un Rapala BX Minnow 10 S, a cui aveva lasciato solo l’ancoretta ventrale. Pescava a scendere con la corrente, indugiando in qualche trattenuta dell’esca dietro i sassi più grandi.
Fu colto di sorpresa. Fu un attimo! La manovella del mulinello arrestata, un ostacolo grande all’altro capo della lenza… non ferrò deciso come suo solito, forse il freddo gli aveva intorpidito il cuore e la mente, il filo si mosse a zig zag, tagliando la superficie dell’acqua a pochissimi metri da lui… un pesce iniziò a tirare pompando, era già nel correntone e faceva capriole. Una sagoma scura, forse 60 o 65 centimetri, la canna mandava testate animali contro i tendini contratti del polso. Quando l’Anonimo si rese conto dell’errore che stava facendo, trattenendo quel grosso pesce contro corrente, fu troppo tardi per iniziare a camminargli incontro o per allentare la frizione… un’ultima beffarda capriola lo stava salutando.
Colmo di amarezza e di sacrileghi pensieri meditò il da farsi. Abbandonare la blasfemia e continuare a pescare in quel modo gli parve la soluzione più sensata.

The Bangher Rod, canna portentosa. Shimano Twin Power 4000, Power Pro 8 slick, Rapala BX 10 S

The Bangher Rod, canna portentosa. Shimano Twin Power 4000, Power Pro 8 slick, Rapala BX 10 S

Forse quaranta minuti più tardi, forse cinquecento metri più a valle, quando la pioggia decise di dare una tregua, si ripeté il prodigio: un arresto deciso quando l’esca nuotava dietro un grande masso! La portentosa canna si impennò decisa in ferrata perentoria, il fedele mulinello nitrì con acuto di frizione ed il giovane in un balzo stava saltanto di pietra in pietra sulla sponda. Seguì con occhio attento quella sagoma scura che si dimenava nel centro del fiume… sempre più a valle, sempre più vicina alla riva… fiato sospeso: guadino! Era fatta. La rete gommata non scalfiva la pelle delicata di quel fiero pinnuto. Si poté tirare un lungo sospiro. Rimirare quella bellezza era un diritto ed un dovere. Pura, massiccia, nobile. Pesce ormai arreso, restava docile nell’acqua in attesa. La macchina fotografica su un sasso fece lampeggiare i 10 secondi del conto alla rovescia, sufficienti per alzare delicatamente la trota e immortalarne la bellezza con un autoscatto per due velocissime volte. Poi la Regina Marmorata fu ossigenata pochi secondi, avanti e indietro nel suo elemento, più per scrupolo che per necessità. Nuotò via decisa verso il fondo, spiata dalla macchina fotografica immersa.

Release Marmorata underwater shot

Release Marmorata underwater shot… Libera!

Il pescatore era intimamente felice, una gioia che aveva provato altre volte e che nemmeno lui sapeva spiegarsi del tutto. Troppo intensa, troppo profonda e pura per ridursi a narcisismo ed autocompiacimento.
Si rese quel giorno palese, che la preparazione del lungo inverno non fu fatta invano e che gli dei della pesca, talvolta, sapevano premiare chi tributava loro devoti sacrifici sotto la pioggia o il solleone.

record trota marmorata big pietro invernizzi spinning

C’era una volta una trota marmorata…

C’era una volta, ancora una volta, una buona ragione per sorridere: una lunga stagione attendeva il pescatore e la sua valorosa brigata, quel clan da temere che avea nome di Anonima Cucchiaino.

ROCK’N'ROD

La trota marmorata arresa... asfalto bagnato all'alba Arrivando in Valsesia neve Rapala CD 11 brown trout Paesaggio da fiaba... Trota fario a gomma Trota fario a gomma Trota fario a gomma The Bangher Rod, canna portentosa. Shimano Twin Power 4000, Power Pro 8 slick, Rapala BX 10 S record trota marmorata big pietro invernizzi spinning record trota marmorata big pietro invernizzi spinning Release Marmorata underwater shot

 

La stanza dell’autocostruzione – 16 – Bojan Krstic

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Meravigliosa livrea fario di Bojan Krstic - Spectacular brown trout coat by Bojan Krstic
(ITA/EN) Si presenta con poche parole, ma il suo nome è conosciuto e rispettato dagli spinnofili di tutti i balcani. L’ampia gamma di esche che realizza è pensata principalmente per il re delle acque in cui pesca, l’hucho, ma i suoi capolavori, che abbiamo imparato ad apprezzare andando a pescare in Bosnia, sono perfette anche per le nostre trote, lucci e predatori in generale (basta usare le misure più consone…).

He introduce himself with a few words, but his name is known and respected by fishermen all over the Balkans. The wide range of baits he realizes it’s intended primarily for the king of the waters he fishes, hucho, but his masterpieces, we learned to appreciate while fishng in Bosnia, are perfect even for our trout, pike and other predators (you just have to pick the most appropriate measure…).

Il mio nome è Bojan Krstic sono nato a Sarajevo nel 1980. Vivo e lavoro a Vlasenica, in Bosnia-Erzegovina.

1. Da quanto peschi?
Ho iniziato a pescare quando avevo 10 anni .

2. Quando hai iniziato a costruire? Ti ricordi la tua prima creazione?
Faccio esche da 5 anni. La mia prima creazione è ancora con me, è abbastanza ridicola: legno verniciato con vernici per bambini e smalto per le unghie…

Esche autocostruite da Bojan Krstic - Selfmade lures by Bojan Krstic3. Perché hai iniziato ad autocostruire?
Ho iniziato la costruzione di esche perché non trovavo in commercio le caratteristiche che cercavo. All’inizio erano davvero pessime, ma nel tempo sono migliorato sempre più e ora posso dire con soddisfazione che riesco a realizzare esattamente quello che voglio.

4. Quando peschi che tecniche pratichi, dove e rivolte a che pesce?
Io pesco esclusivamente a spinning, soprattutto sul fiume Drina e i suoi affluenti in cerca di trote e hucho, il pesce più rappresentativo delle mie acque.

5. Qual è il tuo più grande vizio?
Non bevo alcolici né fumo. Però faccio promemoria per quasi tutto… Ma sicuramente il mio peggior vizio è proprio la pesca…

6. Qual è il materiale che ami di più? E quale tecnica di costruzione?
Faccio tutto con le mie mani e senza dubbio il mio materiale preferito è il legno di balsa. Ma il passaggio che preferisco nella creazione di un’esca è la colorazione: trovare livrea giusta e il colore che esalti il movimento del pesciolino.

7. Nel corso degli anni, produttori e tecnologie hanno migliorato molto le nostre attrezzature da pesca, per te qual è stata la novità più utile e rilevante?
Tutta la minuteria. Li amo perché sono leggeri ma resistenti.

8. Qual è  l’elemento che conta di più nel successo di un artificiale? Colore e realismo, equilibrio dei pesi e vibrazioni, forma e sua idrodinamica?
Il colore è importante, ma la vibrazione è fondamentale. Una frequenza di vibrazione adeguata influenza molto più rispetto a peso, equilibrio e idrodinamica. Il successo, secondo me, è dato da una buona combinazione tra vibrazioni e una lunga esperienza che suggerisce dove è meglio piazzare l’esca.

9. Ci descrivi i principali processi e fasi della costruzione di un tuo artificiale?Trota dalla bocca soffice - Soft mouth trout
Comincio con una forma approssimativa dell’esca in balsa. Poi, con un bisturi e un modulo di rettifica controllo la simmetria e correggo dove ce n’è bisogno. Dopo di che creo l’armatura piegando del filo di acciaio e assicuro il tutto con la resina epossidica, in cima alla quale ho messo una protezione di base e la preparazione per la pittura. Le mie livree sono il risultato di una combinazione di aerografo, pennelli e matite. Poi l’esca è pronta per la protezione finale e l’asciugatura. Alla fine di tutti i passaggi c’è la prova di assetto e controllo direttamente sul fiume.

10. Quanto tempo dedichi all’autocostruzione e quanto alla pesca?
Dipende… in genere cerco di passare tutto il tempo che posso a pesca, ma ora ho un sacco di lavoro e tonnellate di esche in attesa di essere finite…

11. Cos’è per te la pesca e cosa significa per te costruire esche?
Semplicemente mi rende felice. E prendere un bel pesce con le mie esche, raddoppia il piacere. In breve mi piace farlo.

12. Qual è la tua marca di esche artificiali presente sul mercato preferita?
Mi piacciono molto i Mepp’s, ma dovranno sempre stare in seconda posizione perché mi interessano solo le esche artigianali, tutte.

13. Qual è il tuo sogno di costruttore di esche?
Il mio sogno è stato realizzato. E tanto mi basta!

14. Se potessi scegliere un altro costruttore a cui affiancarti, presente o passato,  il più bravo, chi sarebbe?
Non riesco nemmeno a immaginare di collaborare con qualcun altro. Inoltre, davvero non mi piace la pressione della produzione di massa, preferisco la precisione di una creazione fatta solo ed esclusivamente a mano.

Le esche di Bojan Krstic - Lures by Bojan Krstic15. Quali sono, nell’ordine, i primi materiali e attrezzi che consigli a chi vuole iniziare ad autocostruire? E con quale imitazione partire?
Il legno di balsa è il più facile da gestire secondo il mio modo di lavorare. Partendo da questo suggerisco di procedere passo dopo passo, passando da materiale a materiale solo quando la nuova tecnica viene acquisita. Così il costruttore sarà, col tempo, in grado di lavorare molti materiali scegliendo il meglio per le sue creazioni e il suo modo di lavorare.

16. Che consigli daresti a chi si avvicina all’autocostruzione?
Consiglio a tutti di provare, provare e riprovare. Siate aperti a tutte le grandi sfide che troverete sulla vostra strada e otterrete grandi soddisfazioni. Bisogna lavorare sodo sulle proprie idee, ma realizzare la propria esca è impagabile.

Per contattare Bojan e vedere tutti i suoi lavori potete farlo sulla sua pagina Facebook.

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Splendido hucho preso con un'esca di Bojan Krstic - Fine hucho caught with a Bojan Krstic's lure

My name is Bojan Krstic i was born in Sarajevo in 1980. I live and work in Vlasenica. Bosnia and Herzegovina.

1. When did you start fishing?
I started fishing when i was 10 years old.

2. How long ago did you start to build lures? Do you remember the first bait that you’ve created?Particolare livrea autocostruito di Bojan Krstic - Particular coat of a selfmade lure by Bojan Krstic
I make baits since 5 years ago. My first creation is still with me, it’s quite ridiculous: wood painted with children’s paints and nail polish…

3. Why did you start to build baits?
I started building baits because I was not able to buy some appropriate one. At first they were really bad, but over the time I became better and better, and now i can get exactly what i want to realise.

4. Which are the techniques of fishing you prefer? Where to fish? Which is the kind of fish you most like to catch?
I fish exclusively with the spinning’s tecnique, mostly on the Drina river and its tributaries, looking for trout and hucho, the most representative fish of my waters.

5. Which is your biggest vice?
I don’t drink alcohol neither I smoke. I do reminders for almost everything… But fishing is definitely my worst vice.

6. Which is your favorite material to construct the baits? And what construction technique do you prefer?
I absolutely do everything with my hands and my favorite material is doubtless balsa wood. But the lure building step i really love is painting: find the right coat and the color to improve and exalt the minnow’s movement.

7. Over the years, the technology of fishing tackle are much improved. In your opinion whic is the most important and useful innovation?
All the light accessories. I love them ‘cose they are light but tough.

8. Wich element most determines the success of a lure? Color and realism, weight balance and vibration, shape and hydrodynamics?
Color is important, but vibration is crucial. An appropriate vibration influences much more than weight, balance and hydrodynamics. A succes is the result of a good combination between vibrations and a long time experience suggesting where is better to place the bait.

9. Can you describe the main building steps of your lures?
I start making the rough form of the bait in balsa. Then, with a scalpel and a rectification form i check the simmetry and I correct what needs to. After that I create the armor bending  the steel’s wire and I secure all with epoxy resin, on top of which I put a basic protection and the painting preparation. My coat are given by a combination of airbrush, brush and pencil. Then the bait is ready for the final protection and to spend some time drying. After all i test and tune all the lures trying them on the river.

10. How much time do you spend on building baits and how much on fishing?
It depends… I spend as much time as i can fishing, but now I’m working so much and I have tons of baits waiting to be done…

11. What does it mean for you fishing? And what does it mean for you to build lures?
It just makes me happy. Fishing a good fish with my lures double the pleasure. In short I love doing it.

Esca grossa per grossi predatori - Big lure for big predator by Bojan Krstic12. What is your favorite brand of lures, including those on the market?
I love Mepp’s lures baits, but they’ll always stay on second position ‘cose I’m only interested in hand made lures, all of them.

13. What is your dream as a manufacturer of baits?
My dream has been realized. That’s it!

14. If you could work with another manufacturer of lures – past or present – who would you choose?
I can’t even imagine me collaborating with someone else. Plus, I really don’t like the pressure of mass production, preferring the precision of a sole and exclusive hand made creation.

15. What are the first materials and tools that you’d to advice to anyone who wants to start to build baits? And with what kind of imitation (crank, floating minnow, deep diver …)?
Balsa wood is the easiest to handle according to my building way. Starting from this I suggest to proceed step by step, moving from material to material only when the new tecnique is acquired. So the builder will be able to work many materials choosing the best for his creations and his way to work.

16. What advice would you give to those just beginning to build baits?
I recommend everyone to try, try and try again. Be open to all the great challenger you’ll find on your way and you’ll get great satisfactions. You need to work hard on your ideas but realise your own bait is priceless.

You can contact Bojan and see all his creations on his Facebook page.

Bella fario di Bojan Krstic - Brown trout caught by Bojan Krstic Fario di Bojan Krstic - Brown trout by Bojan Krstic Esche di Bojan Krstic - Bojan Krstic's lures Bella cattura Bojan! - Nice catch Bojan! Hucho preso da Velibor con le esche di Bojan Krstic - Hucho caught by Velibor with Bojan Krstic's lure Particolare livrea di Bojan Krstic - Peculiar coat by Bojan Krstic Splendido hucho preso con un'esca di Bojan Krstic - Fine hucho caught with a Bojan Krstic's lure Le esche di Bojan Krstic - Lures by Bojan Krstic Trota dalla bocca soffice - Soft mouth trout Fario e firma di Bojan Krstic - Brown trout and Bojan Krstic's signature Fario - Brown trout Diverse livree fario - Different brown trout coat by Bojan Krstic Bella cattura con autocostruito di Bojan Krstic - Nice catch with hand made lure by Bojan Krstic L'abilità di  nella costruzione di esche - The ability of Bojan Krstic in lure building Fario snodata - 2 part brown trout by Bojan Krstic Livrea - Coat by Bojan Krstic Meravigliosa livrea fario di Bojan Krstic - Spectacular brown trout coat by Bojan Krstic Particolare livrea autocostruito di Bojan Krstic - Particular coat of a selfmade lure by Bojan Krstic Esca grossa per grossi predatori - Big lure for big predator by Bojan Krstic Snodato fario autocostruito da Bojan Krstic - 2 part brown trout hand made by Bojan Krstic Snodati autocostruiti da  Bojan Krstic - 2 part selfmade lures by Bojan Krstic Huchen zopf di Bojan Krstic - Huchen zopf by Bojan Krstic Livrea fario di Bojan Krstic - Brown trout coat by Bojan Krstic Esche fatte a mano da Bojan Krstic - Hand made lures by Bojan Krstic Fasi di lavorazione delle esche di Bojan Krstic - Bojan Krstic work in progress Esche autocostruite da Bojan Krstic - Selfmade lures by Bojan Krstic Livrea marmorata di Bojan Krstic - Marble coat by Bojan Krstic Snodatidi Bojan Krstic - 2 part lures by Bojan Krstic Esche di Bojan Krstic - Bojan Krstic's lures Tris di livree di Bojan Krstic - Three coat by Bojan Krstic Hucho preso con un'esca di Bojan Krstic - Hucho caught with a lure made by Bojan Krstic

Canna, tenda e Booster: la vita libera di Federico

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tenda

tenda, canna e casco da moto: tutto quello che serve per essere felici!

Federico Sambruni fa tutto quello che vorresti fare anche tu. Solo che a te manca il tempo. O magari hai venduto il motorino che tanto tempo fa ti faceva sentire libero. Oppure non hai il permesso di tua moglie. E se anche hai tutte queste cose insieme, probabilmente non hai più 18 anni.

<Non mi considero un grande pescatore, anzi – dice Federico – e non posso dire nemmeno di essere un grande motociclista, visto che  in scooter non devo neanche cambiare le marce. Però a pesca come in motorino non mi faccio problemi e questo mi porta lontano. Viaggio anche a 8 gradi sotto zero. Per sei mesi l’anno non porto stivaloni di gomma sul fiume, mi bastano le scarpette di plastica: se l’acqua è gelida pazienza, mi tengo il freddo, tanto poi mi asciugo. Porto sempre con me il minimo indispensabile, spendo soldi per la benzina e per poco altro, non programmo quasi nulla e se succede un imprevisto non perdo la pazienza>.

4booster travel3

Booster e torrente

Quando hai cominciato a viaggiare in scooter e pescare?

<Seriamente, da un paio di anni. Con scooter e canna da pesca ho girato le Alpi, dormendo in tenda anche per intere settimane. Ho pescato sul tratto alto del Lambro, sul Livo e Sul Liro, oltre a tanti altri torrenti di cui nemmeno so il nome. Quasi mai sono stato in campeggio, quando vedo un prato che mi piace, faccio il campo. Per mangiare porto pane, carne in scatola, qualche biscotto. Ogni tanto trattengo una delle trote che pesco e la cucino sul fornelletto, ma rilascio quasi tutto>.

Come peschi?

<Mi piace il cucchiaino, ma la pesca che mi viene meglio è al tocco . So che non è una tecnica molto nobile, però non faccio lo schizzinoso. Quello che conta nella pesca è essere in mezzo alla natura, è il rumore dell’acqua, il vento leggero. Ho una canna che mi consente di fare entrambi i tipi di pesca e a seconda delle situazioni scelgo la migliore. In questi anni ho preso tante trote e anche qualche temolo! Il più grande misurava 50 centimetri, e ovviamente lo ho rilasciato>.

Temolo pescato da Federico Sambruni

Temolo pescato da Federico Sambruni

Cosa metti nello zaino quando parti in scooter?

<Canna da pesca, anzitutto. Cassetta con dentro l’essenziale: qualche rotante, finali, piombi, ami. Pantavento e K-Way, anche se c’è il sole. Asciugamano. Panini. Roba da bere, soprattutto Coca Cola. Tenda. Un paio di cambi di magliette e biancheria, un magione pesante. Binocolo, coltello Opinel, torcia, scarpette per andare sul fiume, bombola per riparare la gomma del Booster se buco, scaldamani al gel e fornelletto>.

Amici, ne porti mai?

<Capita, ma non per tanti giorni a fila. E’ bellissimo condividere con gli amici le proprie passioni e inizialmente sono tutti entusiasti di stare un po’ all’aria aperta. Ma la gente di solito a dormire in tenda nei boschi sta bene la prima notte, poi comincia a lamentarsi. Lo capisco: ognuno è fatto a modo suo. Andare via con gli amici è bellissimo, ma a quel punto preferisco andare insieme al mare . L’avventura è una cosa da fare da solo. Voglio potere uscire nel buio e urlare in mezzo alla notte. Voglio arrangiarmi e godermi il silenzio>.

Booster travel

Booster travel

Donne?

<Non ho mai portato una tipa nei miei giri. Non ho una ragazza fissa e per ora non ne sento il bisogno. Mi sembra che parecchia gente alla mia età abbia la tipa come se fosse un obbligo. Cercano la storia lunga perchè “fa curriculum”. Ma se sai già che tanto non te la sposi, cosa ci stai a fare per tre anni? Non capisco. Meglio avere delle amiche e via>.

Da soli si sta bene.

<Esatto. E’ vero in generale e lo è ancora di più in viaggio. La solitudine non solo non mi spaventa, mi piace. Poi, certo, c’è il momento in cui è bello incontrare persone. Anzi, è indispensabile. Camminando in montagna durante uno dei miei viaggi mi è capitato di avere sete. Ma proprio tanta. Ho trovato una fonte di acqua  ma era marcia, imbevibile. Avevo finito le scorte ed ero lontano sia dal torrente e sia dalla strada dove avevo lasciato il motorino . Mi sono messo a camminare fino a quando non ho trovato un alpeggio! Il pastore ha munto una mucca lì per lì, ho riempito una bottiglia e sono andato avanti per un giorno intero a berlo. Dio benedica il pastore e la sua mucca>.

Federico a pesca con il nonno

Federico a pesca con il nonno

Come hai cominciato a pescare?

<Per i fatti miei. Nessuno in famiglia pescava. Quando ero piccolo rompevo le palle a mio nonno e alla fine lui mi accompagnava. E’ una cosa che mi è sempre piaciuta, non saprei nemmeno dire perchè>.

Con la moto è la stessa cosa?

<Uguale. Già da bambino guardavo i motorini, li studiavo, mi informavo sui prezzi e su come truccarli. Poi a 14 anni ho comprato il Booster usato. Anzi, molto usato: ha un anno più di me! E’ un mezzo eccezionale, generoso. Mi ha portato davvero ovunque e si ci penso mi commuovo. A furia di ripararlo, forse ho speso più che a comprarlo nuovo, ma me ne frego>.

Lo hai truccato?

<Ho messo lo scarico rovesciato e ho accorciato i rapporti al variatore. A molti interessa che lo scooter vada veloce, quindi li allungano. Per me l’importante è che vada in salita per andarci in montagna!>.

La notte in tenda

La notte in tenda

Vai forte?

<Ma va! Di velocità massima farebbe anche 80 all’ora, ma io non lo tiro mai a più di 50. Lo scooter ha 19 anni e si è già fatto un bel po’ di passi alpini. Mi ha portato allo Spluga, allo Stelvio. Per me l’importante è andare dapperutto, non andare veloce. L’unico problema è quando ti sorpassano i camion: la tenda attaccata allo scudo dello scooter fa vela e lo spostamento d’aria è ti dà un bel colpo. Stimo i camionisti: vanno lontano, sanno stare da soli. Però quando ne incrocio uno in motorino non è quasi mai una bella notizia, perchè rischio di finire contro il guardrail>.

Tu studi o lavori?

<Sto finendo le superiori, studio Agraria. Intanto faccio lavoretti di ogni tipo per avere due soldi da spendere nei miei viaggi>.

Cosa vuoi fare da grande?

<Mi piacerebbe la carriera militare. Ci sto pensando seriamente: negli Alpini oppure nella Guardia di Finanza>.

Booster e lago alpino

Booster e lago alpino

Perchè la Guardia di Finanza?

<In uno dei miei viaggi in scooter sono arrivato a Livigno e ho visto i finanzieri in dogana. Ho pensato che fanno una bella vita: vivono in montagna, sequestrano un sacco di roba interessante, si fanno i cazzi loro. Adesso però non è ancora il momento di decidere, prima me la godo ancora un po’!>.

Qual è il tuo sogno?

<Vorrei comprarmi una moto vera e andare lontano. Magari fare il giro del mondo, pescando in fiumi mai visti, in laghi che nemmeno riesco a immaginare. Però il Booster non lo butteri mai via, me lo terrei per quando devo andare ingiro a Barlassina, il mio paese, vicino a Milano. E nemmeno i miei torrenti e i miei luoghi li voglio abbandonare: le emozioni che provo quando dormo sui prati di Canzo e Asso, o quando pesco sui torrentelli sopra al lago di Como, non penso me le possa dare nemmeno la Mongolia. Peraltro: dov’è esattamente la Mongolia?>.

 

Le scarpette "da fiume" di federico Casco, canna da pesca e laghetto. What else? Il Booster delle nevi Vista mozzafiato e manubrio Booster in assetto "lunghi viaggi" Campo base con scooter Stupendi scenari di pesca Welcome to Livigno Sotto il ponte, la meraviglia del fiume Bellissimo scenario alpino Trota fario Il paradiso del pescatore In vetta col cinquantino Booster on the road E sono 30mila! Lo scooter come disciplina olimpica invernale In fondo ai tornanti, lo Stelvio! Double Booster Booster a quota 2000 Pesca regolamentata A livigno la benzina costa il giusto Booster lacustre Trota fario pronta per il rilascio Tenda e antico borgo Castcata Release trota fario

La morte dei caprioli belli

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La morte dei caprioli belli - Ota PavelNon conoscevo questo libro, ne ignoravo bellamente l’esistenza. Ma una delle fortune di essere considerato un appassionato patologico di “qualcosa” da amici, parenti, conoscenti e persone che non saluti nemmeno per strada, ti trasforma in una calamita per tutto quanto riguarda quel qualcosa, nel bene e nel male. Moltissime sono delle scemenze orrende. Alcune invece sono delle vere perle che probabilmente non avremmo mai trovato. Come questa.
(Liberamente tratto da “La morte dei caprioli belli” di Ota Pavel edito da Keller nel 2013)

Dopo la guerra ce ne venimmo a Luh. Lo zio Prošek ci diede il benvenuto e disse: «Vi dico una cosa. Qui è pieno di lucci, I lucci non salgono più in superficie come prima, e così i pescatori non ne sanno nulla». E così io e il mio papà ce ne andammo in barca sull’isola per pescare i lucci. Prendere i lucci con la trottola, cioè con un galleggiante che è grosso quasi quanto un uovo, è relativamente facile, ma eccitante. Magari aspetti per ore intere che quel grosso galleggiante si inabissi, e quando finalmente affonda cominci a tremare oppure a sudare. È probabile infatti che ad abboccare non sia stato una mezza tacca, come viene chiamato un pesce piccolo, ma un pesce che va da uno a quindici chili. Noi quella volta, subito il primo giorno, ci portammo a casa otto lucci. La notizia si sparse in giro, come quando trovi nel bosco dei porcini o dei mirtilli. Un sacco di pescatori si misero in moto. Ma a quel tempo la Berounka, da Skryje a Branov, era il paradiso dei lucci. Durante le vacanze papà ne prese più di cento, io sessantaquattro. Alcuni erano rispettabili, quella volta non c’era ancora granché da fumare e da mangiare, dovevano essere rispettabili se il macellalo di Křivoklàt per un luccio mi aveva dato quasi due chili di strutto con i ciccioli e per un altro il tabaccaio di Křivoklàt mi aveva dato un centinaio di sigarette per la mamma, che fumava come un turco. Già, e poi eravamo riusciti a salvare il fiume dai lucci predatori; a volerla dire tutta, lo avevamo in realtà saccheggiato. Nel fiume erano rimasti solo i lucci grossi e furbi e quei giovani lucci minuscoli, i piccoli di luccio, che nessuno prendeva se proprio non era un mascalzone.

E in quel periodo, un giorno imprecisato, si arrivò a una tacita gara tra i Vlk, i Lupi, che vivevano a Luh, e la nostra famigliola, che era composta principalmente dal papà e da me. Lo zio Prošek quella volta non poté venire con noi, stava un po’ male. Dei Vlk, quelli che pescavano erano soprattutto Adolf e Franta, tutti e due lavoravano nelle ferrovie. Adolf lavorava al deposito. Franta andava col treno a Smíchov all’ufficio ragioneria. Da trentatré anni, estate e inverno, si faceva dieci chilometri a piedi fino al treno! Era qualcosa di fantastico. Spesso trovava gelo, cumuli di neve, acquazzoni. Era una grandissima prestazione sportiva, che lui compiva da decine di anni. Attraversava infatti una zona dove c’erano boschi, burroni, salite, stretti sentieri. Avevo sempre pensato che i Vlk non ci volessero bene, ma anni dopo si dimostrò, soprattutto quando smettemmo di pescare da loro, che ci volevano bene, solo gli faceva rabbia che noi, dei praghesi, cacciassimo il naso in casa loro, anzi nel loro fiume. Prima che me ne dimentichi, Adolf lì a Luh aveva, e ha ancora, una bella moglie di nome Marie che a me, ragazzetto di sedici anni, piaceva molto. Nella parte di sopra aveva tutto come si deve e la cosa non guastava. E con questi Lupi ci mettemmo in competizione, penso che quella volta non fosse ancora una competizione socialista, i comunisti per il momento non erano al potere. Sapevamo che i Vlk erano dei pescatori fantastici. Conoscevano quel fiume fìn dall’infanzia, sapevano dove era più o meno profondo, erano perfino in grado di supporre dove e quale luccio dimenticato se ne stava rintanato in agguato aspettando la preda, andavano a pesca così di frequente che sapevano quale luccio era già stato preso all’amo e ributtato in acqua. Pescavano spostandosi lungo la riva e ci sapevano fare, stuzzicavano anche i lucci più satolli. Ma tutto questo non importava. al mio papà, che non perdeva occasione per dichiarare presuntuosamente che gli avremmo fatto il culo. E così uscimmo che era ancora buio, arrivammo quasi navigando fino al prato di Brtva, dove c’erano i tratti più belli di acque tranquille e di pozze popolate di lucci, ma dove allora era difficile pescare, era tutto pieno di erba e di ortiche belle alte. (Quello forse non era neanche più pescare, era piuttosto sgobbare. Il pomeriggio papà disse:
«Smettiamo» e aggiunse: «Oggi gliela abbiamo fatta vedere ai Lupacchiotti».

Non ne ero del tutto sicuro. Avevamo tre lucci, di uno solo si poteva dire che era abbastanza grosso, gli altri due non erano né grandi né piccoli, una via di mezzo. Riscendemmo il fiume in barca fino al traghetto e tutti e due pensavamo a che cosa avevano pescato Adolf e Franta. Quando attraccammo sotto l’acacia, papà mi disse in tono deciso:
«Vai a farti prestare il carretto!»
Ero rimasto sconcertato e non capivo:
«Perché il carretto, papà?»
Al mio papà non ci si poteva opporre granché.
«Vai a prendere il carretto, ti dico! I nostri lucci oggi li portiamo col carretto» disse in tono deciso e poi aggiunse, ma già a mezzavoce, come se lui stesso non ci credesse del tutto: «Sono pesanti».
Andai quindi a prendere il carretto. Era un carretto con le fiancate a rastrelliera, piccolino, ma era comunque così grande che i lucci che ci stavano dentro quasi non si vedevano. Giusto il più grosso, quello papà l’aveva spinto un pochino indietro, perché gli spuntasse di fuori la coda. Non so da dove mi veniva tanta fermezza, ma dichiarai risolutamente: «Io quel carretto non lo porto. Perlomeno non attraverso Luh!» A dire il vero l’avevo quasi gridato e mi era venuto in mente che la signora Marie sarebbe stata sulla porta a guardare. Papà mi guardò, pensava a qualcosa, forse si chiedeva se doveva prendermi a schiaffi o se doveva invece togliere quei lucci dal carretto. Vedevo i suoi occhi profondi vagare per i pendii intorno e chiedersi, come la maggior parte dei padri e soprattutto di quelli ebrei, quanto la vita lo castrasse mandandogli una moglie come la sua e quanto con i figli. Poi andò verso il carretto, diede a me le canne e il carretto lo tirò lui.

Il carretto ondeggiava e sobbalzava sulla stradina piena di sassi che passava tra le casette di Luh. Mai quella strada mi era sembrata tanto corta. Volavamo proprio, con quel carretto, anche se io mi auguravo che per arrivare a la casetta di Adolf Vlk ci volesse un’eternità, o se no, almeno tutta la vita. Eppure dovevamo andare terribilmente piano perché al mio papà, quando vide in lontananza quei fantastici pescatori che erano Adolf e Franta, pur con tutto il suo coraggio gli si piegavano probabilmente le ginocchia. Arrivammo davanti alla loro bella casetta. Avevo occhi solo per Marie che, con un corpetto bianco inamidato stava davvero sulla soglia e teneva le braccia incrociate sul petto. Sul volto aveva un espressione sprezzante e questo mi diede una scossa. Ritornai in me e lo sguardo mi si posò sulla stanga dove si battono i panni. Appesi con del fìl di ferro cerano cinque lucci. Cinque
grossi lucci. Tre erano della razza dei bei lucci reali, lunghi e verdi, e i due giallini erano grassi come se il vodnik della roccia degli Šíma li avesse messi all’ingrasso apposta per i Vlk.

Il papà in quel momento inciampò, per poco non cadde, e si fermò, sentivo che ansimava profondamente. Non so quanto restammo fermi lì. Silenzio, profondo silenzio, non c’era proprio niente da dire. Poi si girò verso di me e disse con voce roca:
«Aiutami, è pesante».
Mi fece pena, di sicuro adesso il carretto era per lui smisuratamente pesante. Non obiettai nulla, dimenticai la signora Marie, misi le canne sul carretto e cominciai a tirare il carretto su per la salita che usciva da Luh. Facciamo parte della stessa famiglia, pensai, e dobbiamo andare avanti insieme. Camminavamo a testa bassa e sapevamo bene che quel giorno i Lupi senza dire neanche una parola ci avevano fatto, per dirla alla maniera di papa, il culo.

Filastrocche in riva all’acqua

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Filastrocche sull'acqua, illustrazioni“Filastrocche in riva all’acqua”

di Corinne Albaut
illustrazioni di Christian Broutin

(Ed. Motta Junior)

Un piccolo libro che sfogli in un minuto, che leggi in mezz’ora abbozzando un sorriso di superiorità, quasi di noia. Poi una filastrocca si impiglia nei pensieri e così torni a sfogliare e a rileggere, soffermandoti sulle incantevoli illustrazioni. Ogni volta che richiudi il libro non sei più sicuro che fosse scritto per bambini, infatti ti resta una bella sensazione…

Hai letto una filastrocca, forse anche un poco sciocca, resta vero tuttavia, che i pensieri porta via, sei tornato un po’ bambino, con la canna e col retino, sulle sponde in riva al lago, lo scrittore è stato un mago…

Filastrocche sull'acqua, illustrazioni

“Il terrore dello stagno”

Ma che bella dentatura
affilata, aguzza e dura.
Appartiene al pesce luccio.
Tutto mangia: è il suo cruccio.

Per sfuggire al cacciatore
al vorace ghermitore,
scappate pesciolini
tra le alghe, sbarazzini!

Filastrocche sull'acqua, illustrazioni

“La trota”

Ecco un pesce arcobaleno
disceso nel ruscello
per fare un carosello.
Sui fianchi è solito avere
brillanti macchie nere.

Chi è questa donzella
che in acqua saltella
come una raganella?

A tutti è nota:
si chiama trota.

Filastrocche sull'acqua, illustrazioni“Il pescatore deluso”

Una canna da pesca,
un amo, un’esca,
un sughero che oscilla.

Immobile, in silenzio
sul suo seggiolino,
un pescatore attende
il pesce far capolino.

Ecco, il sughero
è andato a bagno.
Calma e attenzione,
tirare con mano ferma
in riva allo stagno.

Che delusione! Non è
un pesce da competizione.

Filastrocche sull'acqua, illustrazioni

“Riflessi”

Guarda un po’ quest’alberello
come sta dritto e bello.
Ma se in acqua tu lo miri
sembra proprio che si giri.

Preferisce nel riflesso
capovolgere se stesso.

Filastrocche sull'acqua, illustrazioni“Vita sul canale”

Passa lungo la ripa
una bicicletta,
scivola sul fiume
una barchetta.

E nella sua scia
un’anatra si alza
e vola via.

Tutto normale
sul canale.

Filastrocche sull'acqua, illustrazioni“Paesaggio Invernale”

Gli alberi candidi,
dopo la nevicata,
circondano
la pozza ghiacciata.

Un nero pennuto
lancia un grido acuto
in un’aria di vetro.

E’ inverno, e lo stagno,
calmo e paziente,
attende senza apprensione
la bella stagione.

 Filastrocche sull'acqua, illustrazioni

“Il martin pescatore”

Buongiorno Martino,
che fai di buon mattino?
Sono il martin pescatore
che pesca in queste ore
per calmare il languore.

Filastrocche sull'acqua, illustrazioni“L’alborella e il pescatore”

Quando l’alborella stremata,
cadde nell’imboscata,
il pescatore, contento, disse:
- Sono un vero portento.
Ma d’un tratto il pesce,
con rara gagliardia,
fece un salto e fuggì via.

Provate voi
a seguirne la scia.

Filastrocche sull'acqua, illustrazioni“Il pesce gatto”

Un pesce baffuto,
assi compiaciuto,
gioca e si nasconde
nelle acque profonde.

E’ il pesce gatto.
Cerca forse un topo,
un sorcio o un ratto
celato tra i giunchi
quatto quatto?

 

 

Filastrocche sull'acqua, illustrazioni Filastrocche sull'acqua, illustrazioni Filastrocche sull'acqua, illustrazioni Filastrocche sull'acqua, illustrazioni Filastrocche sull'acqua, illustrazioni Filastrocche sull'acqua, illustrazioni Filastrocche sull'acqua, illustrazioni Filastrocche sull'acqua, illustrazioni Filastrocche sull'acqua, illustrazioni Filastrocche sull'acqua, illustrazioni Filastrocche sull'acqua, illustrazioni Filastrocche sull'acqua, illustrazioni

 

Top 5 Canzoni di Pesca

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Se potessi riassumere il mio lo tempo libero lo farei così : Quando suono non sono a pesca, quando sono a pesca non suono.

Già, noi di Serie B ( a differenza di quelli di Serie A ) siamo quelli che

Pensano che esistano altre attività ricreative oltre alla pesca, follemente inseguono di quando in quando altre passioni.

Tratto dal nostro manifesto

E’ da un po’ che volevo esplorare il rapporto tra pesca e musica, da qui lo spunto per questo articolo dove – dopo attenta ricerca – vi propongo a mio avviso i migliori pezzi di musica ispirati o connessi al mondo della pesca.

Naturalmente se non siete d’accordo o vi viene in mente altro commentate – aggiungeremo i vostri contributi in coda all’articolo !

Intanto – oggi più che mai – ROCK AND ROD

1 – CATFISH BLUES

Qui proposta in salsa Jimi Hendrix – è un pezzo registrato nel 41 da Robert Petway. Molti artisti l’hanno reinterpreato ( fra cui il grandissimo Muddy Waters )

What if I were a catfish, mama
I said swimmin’ deep down in, deep blue sea
Have these gals now, sweet mama, settin’ out,
Settin’ out hooks for me, settin’ out hook for me

2- GONE FISHING

Un diverentissimo duetto del 51 interpretato da Bing Crosby e Armstrong.

You gone fishin’ (ARMSTRONG: Well how you know?)
Well there’s a sign upon your door (Uh-huh)
Gone fishin’ (I’m real gone man)
You ain’t workin’ anymore (Could be)

3- I’m Gonna Go Fishin’

Questo standard Jazz – di cui non sono riuscito a rintracciare origini certe ( pare fosse stato scritto da Ella Fitzgerald ) è qui interpretato in puro stile 60′s dal grandissimo Tom Jones

Yeah, I’m gonna go fishing, that’s what I’ll do
Think about nothing, not even you
Catch a real big one, a big speckled trout

4- Fishin’ Blues

Un altro gigante del Blues – Henry Thomas – scrive questa canzone nei primi del ’900. Si dice che il suo lavoro e questa canzone in particolare abbia influenzato profondamente Bob Dylan nella sua produzione artistica.

Many fish bites if you got good bait
Here’s a little tip that I would like to relate
With my pole and my line
I’m a goin’ fishin’, yes I’m goin’ fishin’
And my baby goin’ fishin’ too

5- Stranger than fishing

Per chiudere in bellezza un pezzo per chi non capisce la nostra passione. I nofx – grandissimo gruppo punk cantano :

Got a no string guitar
Got a sun beta head
I’m a rock ‘n’ roll star
I ain’t no musician
Some things are stranger than fishin’

La pesca miracolosa di Piero Taroni. I Coregoni del Lago di Como

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Coregone Lavarello Lago como

Immagine Coregone o Lavarello (da Google immagini)

Correva l’anno 1989, eppure a leggere il racconto sembra una storia di cento anni fa… sì perché oggi a noi non sembra possibile che la pesca professionale sia permessa in acque interne. Certo il  ”Coregone” o più comunemente il “Lavarello” è un alloctono immesso nel 1885 per la prima volta  proprio per la pesca professionale, quindi a pescarlo con le reti “non si fa peccato”…ma con innumerevoli specie ittiche a rischio di estinzione o quanto meno ridotte a popolazioni esigue, con tutte le minacce che gravano sugli ecosistemi acquatici, è possibile riempirsi la barca di lavarelli per profitto? Ha senso farlo se, per mantenere decenti i profitti della pesca professionale, si deve sviluppare un’incubatoio dedicato a questa specie (dal 2001 a Fiumelatte – Lecco)? Eppure, leggendo il racconto, non possiamo non simpatizzare con il pescatore, che non conosciamo ma che immaginiamo essere una bravissima persona … si evince chiaramente che è un uomo vero ed un vero pescatore e che la sua storia è sincera e non porta colpe ma ardimento.

Piero Taroni in pesca al lavarello con le reti

Piero Taroni in pesca

Le colpe sono sempre in primo luogo del legislatore miope e dei preposti al controllo ciechi. Forse anche la pesca professionale nei laghi sarebbe possibile e potrebbe dare lavoro a tante famiglie, se si osservassero severe norme di tutela dello stock ittico, se si potesse limitare a specie “sacrificabili” come il Coregone. Forse il Coregone non lo si sarebbe mai dovuto immettere, come i bass, i perca, gli aspi, i siluri, il gardon e molte altre specie… forse oggi è da tutelare come specie ben integrata all’ecosistema e risorsa preziosa per l’ecosistema e per un prelievo professionale misurato, con finalità gastronomiche.

Al di là di tante considerazioni, la storia resta bella, di quelle d’altri tempi, quei tempi lontani in cui si poteva riempire la barca di pesci… ma forse non si sarebbe dovuto. Sembra una pagina di Albertarelli quando racconta dei temoli e delle marmorate in Ticino, dove adesso si va a prendere solo il sole e qualche siluro… ma era il 1989, neanche 30 anni fa; era il lago di Como di quando ero piccolo io, non quello di Renzo e Lucia. La storia è bella da leggere e raccontare, speriamo di avere sempre pescatori veri e nuove storie da raccontare.

 

Liberamente tratto dal libro “Gente Comune”

di Giuseppe Guin. 

(Ed. La Provincia, Como)

Una lanterna sul lago e la Pesca miracolosa. Piero Taroni, il pescatore sul lago.
Ci fu davvero la pesca miracolosa! E la prova di quel prodigio lui la tiene ancora appesa in casa. E’ la foto scattata dal parroco di Carate, don Sergio Mazzina che, uscito di chiesa dopo la Messa non credette ai propri occhi.
Era stata una notte strana quella del 10 giugno del 1989, notte di nubi cupe che arrivavano da nord, venti improvvisi che scendevano da Argegno e, di tanto in tanto, anche di qualche violento acquazzone.
villa pliniana a TornoLui, Piero Taroni, una vita da pescatore, subito dopo il tramonto aveva calato in acqua la solita rete per lavarelli e aveva posizionato la testa vicino alla villa Pliniana e la coda in direzione di Molina.
Passavano le ore, ma il tempo non ne voleva sapere di rimettersi al bello e lui, per evitare che le reti gli finissero chissà dove, trascinate dalle onde, montò sulla lancia e tornò a recuperarle addirittura con un’ora di anticipo, quando il campanile aveva da poco suonato i tre rintocchi del mattino.

Appena cominciò a tirare in barca la prima bracciata, rimase sbalordito. Gli era già successo di pescare in abbondanza ma quella volta, dentro le maglie, c’era impigliata una quantità di pesci che proprio non aveva mai vista.
Cominciò a liberare i lavarelli e a buttarli sul fondo della barca, ma più sollevava la rete e più il numero di pesci impigliati aumentava.
Impiegò ore a recuperare le reti e, quando finalmente tirò fuori anche la boa di testa, il campanile stava suonando le 8.
Mai successa una cosa del genere! C’era la lancia così stracolma che il Taroni faticò persino a tornare a riva e la barca, sprofondata tra le onde, attirò talmente l’attenzione, che quando arrivò in porto c’era la gente che lo aspettava.
C’erano i vecchi del paese, sbalorditi, ma c’erano anche le donne appena uscite dalla Messa e il prevosto, al vedere tutto quel movimento, si presentò anche lui al porticciolo incuriosito.
Appena vide il Taroni con tutta quella marea di pesci, si mise le mani giunte davanti alla bocca e borbottò: «Ma questa è davvero una pesca miracolosa!».
I vecchi stimarono che su quella barca poteva esserci più di un quintale e mezzo di pesci e il Faustìn, senza contarli, sentenziò con certezza: «Saranno più di mille!».
La notizia che il Piero aveva pesce fresco per tutti, fece il giro del paese e, di lì a poco, cominciarono ad arrivare barche anche da Pognana, Careno, Torno e persino da Como. Tutti a comprare i lavarelli della pesca miracolosa e ci volle l’intera giornata, per riuscire a vendere tutto quel ben di Dio.
Gli ultimi esemplari se li portò via ul Tabàc, ma una bella sporta se la riempì anche la Pinuccia e, soprattutto la Maria, che di bocche da sfamare ne aveva parecchie.
Quattro lavarelli, e pure belli grossi, il Piero li mise anche nelle mani della perpetua <<Tenga! Va bene cosi!>>, le disse, e quel regalo fu per ringraziare il prevosto che aveva immortalato il prodigio della pesca miracolosa.

Coregone Lavarello Lago como

Immagine Coregone (da Google immagini)

Un’altra notte indimenticabile, fu quella del temporale del luglio 1970.
Quella volta, il Piero, per non rischiare che le reti, spinte dalla corrente finissero contro gli scogli, le aveva calate proprio in mezzo al lago.

Non bastò. Alle 3 di notte, dopo un tuono che fece tremare le montagne, puntò il binocolo verso il largo, ma la luce delle reti era scomparsa. Montò in barca e cominciò a cercarle. Solitamente, a quei tempi, sulla testa della rete c’era una lanterna ad olio, ma sull’altra estremità veniva montata una campana. Era una accortezza per riuscire a sentire almeno quel rintocco, nel caso in cui il vento avesse spento la fiamma.
Quella notte, per via dei tuoni e del vento, né si intravedeva la lucerna, né si sentiva la campana.
Il Piero cominciò a girare la costa in lungo e in largo, ma niente.
Superò la punta di Torno, arrivò persino a Blevio ma, per trovare le sue reti, dovette arrivare fino alla diga foranea di Como.
Riuscì a portarle a casa, tutte strappate, quando ormai erano le 9 del mattino e, quella volta, la Marisa era sul molo in lacrime, terrorizzata all’idea che in quella brutta notte di stratempo, il lago le avesse portato via il suo Piero. Una notte da dimenticare!
Il resto della vita da pescatore, però, è invece pieno di ricordi felici.mappa lago como
Uno è quello degli stormi di gabbiani che rincorrevano la barca quando lui usciva con gli scarti dei pesci. Quella scena era sempre uno spettacolo e i bambini rimanevano sulla riva estasiati: tutti in fila a guardare la nuvola bianca, che scendeva in acqua a sfamarsi, direttamente dalle mani del Piero.
Un altro risale ai primi tempi della licenza di pesca. Il sole era già tramontato da un pezzo e lui aveva deciso di fare un regalo ai suoi due figli e anche ad altri tre ragazzi del paese: li avrebbe portati tutti al largo di notte.
Quella volta ci fu solo il tempo per accendere la lanterna e poi improvvisamente, il lago cominciò a ribollire di cavedani: nuotavano intorno alla barca e rincorrevano la luce. I cinque ragazzi erano estasiati, ma lo stupore maggiore, quello che li lasciò addirittura a bocca aperta, fu il vedere che alcuni cavedani saltavano tanto che finivano persino dentro la barca. Uno spettacolo del genere non l’avevano proprio mai visto e, quella notte, non ci fu nemmeno
bisogno di mettere la lenza in acqua.
È tutta una una vita intrisa di ricordi quella del Piero e ce n’è uno che risale addirittura a quando andò a pescare per la prima volta, insieme al Giuseppe Fioroni, che avrà avuto a malapena 10 anni. La canna era un legno di bambù e le esche le avevano tirate fuori loro stessi dal terreno dietro casa. Gliel’aveva insegnato suo padre come si faceva. Bisognava infilzare nell’erba un’asta di ferro e poi cominciare a scuoterla. Le ambròtole, spaventate, salivano in superficie e diventava un gioco da ragazzi riempire i secchielli.
A dire il vero, quella non fu una gran pesca, ma fu l’inizio di una passione.
Oggi, anche se è l’Antonio Aquilini che va a pescare con la sua vecchia barca, lui qualche rete antica la conserva ancora in casa.
E conserva soprattutto il ricordo della pesca miracolosa.
Quella immortalata nella fotografia del parroco di Carate… e che lui, orgogliosamente, tiene ancora appesa in casa.

Piero Taroni in pesca al lavarello con le reti villa pliniana a Torno villa pliniana - torno Coregone Lavarello Lago como mappa lago como IMG_1873 libro "Gente Comune" Coregone Lavarello Lago como Gente Comune

Trote di Pasqua 2014 – parte prima – Venerdì Pesce!

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Trota Iridea sesiaBasta basta basta, non si può pescare così poco! Settimane una dopo l’altra con solo sporadiche uscite sull’acqua: una vera e propria quaresima alieutica. Finalmente la quaresima è finita. É venerdì mattina, Venerdì pesce, è una regola! Sono partito presto ma non prestissimo, alle 9.50 faccio il primo lancio in alta valle. Il dottore è stato chiaro: <Lei deve fare almeno due giorni di pesca solitaria sul suo fiume!>. Il meteo promette benissimo: sereno-variabile, in prevalenza nuvoloso, temperature basse con conseguente arresto dello scioglimento delle nevi, pressione bassa in calo, previste precipitazioni in nottata e per il giorno seguente. Livello dell’acqua più basso delle ultime settimane, ma comunque alto come media stagionale, trasparenza ottimale con una leggerissima velatura verde, molto fredda ma non più di tutto l’ultimo periodo… colore chiaro, gusto pulito, Glen Grant? No! E’ l’alto Sesia!

Magnificient river SesiaSto pescando da mezz’ora alternando con eccessivo nervosismo le esche, in attesa spasmodica dell’abboccata che rompa il digiuno. Sono eccitato come uno scolaretto al primo giorno di scuola o se preferite, maniaci, come una scolaretta di un manga giapponese! Dopo un giro di giostra offerto a metà delle esche che ho in cassetta, ho montato uno shad marroncino di 8 cm su testa piombata da 10 grammi, gli faccio toccare un paio di volte il fondo della testa di pozza, poi la corrente lo porta veloce a fondo lama da dove esce nuotando in trattenuta, appena inizio un lento recupero una sagoma d’argento fulminea lo afferra e mi regala la possibilità di ferrare! Salta e punta la corrente, è un’iridea sui 40 centimetri. É a riva in pochi secondi, cerco la macchina fotografica… libera! Pazienza. Sono contento, ma una trota arcobaleno non fa primavera. Scendo verso un’altra lama più a valle, lancio un nuovo minnow rosa che ho battezzato “gayardo”, una trotella segue ma rinuncia all’assalto. Sarà stata troppo grande l’esca? Sarà stata una trotella all’antica? Passo all’intramontabile Martin 15, nome rassicurante, misura per tutti i gusti. In breve sono già a quota tre: un’iridea sui 30cm e una farietta che, questa volta sì, fa tanto Primavera!Trota Fario Sesia Spinning

Qualcosa è cambiato rispetto all’austerità delle ultime pescate post-apertura: c’è attività! Le montagne intorno cominciano ad essere verdi, di un verde acceso che risalta tra macchie di conifere ancora spoglie! Anche il freddo di questa giornata grigia sfiora la pelle ma non raggiunge le ossa. Qualcosa è cambiato, nelle pozze d’acqua sottoriva, dove l’acqua è più ferma, si vedono grassi vaironi in branco e tra i ciottoli della sponda ghiaiosa a guardar bene intravedi avannotti guizzare come matti. Le trote, anche quelle piccole, popolano di nuovo il fiume! Trota Fario Sesia Spinning

Cambio posto, risalgo ancora la valle ma cerco di evitare quei posti dove so che in settimana potrebbero aver seminato, voglio paesaggi incontaminati e pesci veri! Pesco un lungo tratto e ancora prendo piccole fario su grandi minnow e vedo molti inseguimenti, finalmente anche una marmorata nera sui 35cm si fa vedere dietro l’esca. Manca la cattura degna di nota, eppure c’è attività e pesco pesante… Sono ormai a fine mattina in una gola ombreggiata dove il fiume corre ampio ma profondo e grandi sassi promettono grandi trote… Mi diletto a mettere alla frusta la “Bangher Rod”, la mia canna custom, la canna più bella del mondo! Il minnow viola dai fianchi stretti ed argentati arriva a circa 25 o 30 metri da me, sull’altra sponda, due jerkate ed ecco una bella abboccata! Salta immediatamente e non smette più di farlo! É gialla, ma chiara, sarà una fario o un ibrido sui 45 centimetri… cerco di tenerla giù abbassando la punta della canna, ma la frizione molto stretta, la mia attrezzatura rigida e la corrente sul muso, continuano a farla saltare. Ormai è a pochi metri da me: libera! Perdincibacco… Ah… la Pasqua!

Pit stop tecnico in trattoria, la gentile signora mi propone un menù di magro a base di pesce… Vede la mia faccia contrita e piena di dolore e si corregge: < É Venerdì Santo… ma se vuole ho anche ravioli alla toma e radicchio annegati nel burro fuso, stinco e patatine fritte>. Mi riprometto di dire quattro ave maria e un padre nostro e mi scofano tutto! Caffé, gelatino e via di slancio!

Magnificient Sesia RiverScelgo un tratto impervio… dove il letto del fiume è lontano dalla strada e la vegetazione, i temibilissimi “salicini” fanno muro compatto contro il giovane pescatore. É quel tratto a monte delle Gole dei Dinelli: Muro, Scopetta… Ne prendo diverse, trote vere, piccoli ibridi, piccole fario, timide marmorate; seguono, si allamano, si slamano quando non si fanno prendere. Mi godo un paesaggio strepitoso, penso che davvero non ha nulla da invidiare al Nord America, se non l’estensione delle aree selvagge. Penso che sono un po’ stufo di “Pescare Marmorate”, corro con la memoria a qualche anno fa quando “Pescavo Trote”… era tutto un altro approccio: cannetta corta e leggera piuttosto parabolica, bobina a nylon dello 0.20, mepps due o tre, ardito 8gr, magari rapalini da 5cm. Tante trote e, quando allamavi la 40, era una festa di frizione, corsa nel fiume, canna piegata e adrenalina facile. Certo la vera “Big” dovevi quasi augurarti di non prenderla… Il Pescatore di Marmorate invece cerca solo la Grande Regina. Ne è ossessionato. Il problema è che con trote piccole o medie non c’è quella lotta che nobilita la sfida; spesso le trote piccole si slamano perchè l’assetto è troppo rigido, ma se restano allamate in pochi giri di manovella sono a riva come acciughe… Trota ibrido Sesia spinning

Penso tutto questo e sono già sull’ultimo spot, quello del tramonto, molto più a valle. Sono le 20.10, ultime luci e un grande salto d’acqua davanti a me.

Uso un minnow madreperla di dimensione generosa, lancio e lo lascio scadere nella corrente con qualche jerkata che lo animi. Da una mezz’ora non ho più preso nulla. É il terzo o quarto lancio, non vedo l’esca ma so esattamente che è circa un metro sotto la superficie su un fondale di due metri, giusto sul filo di una forte corrente che schiuma bianca correndo verso valle…
Immaginate di voler prendere velocemente un paio di metri di filo dal mio mulinello tirando la lenza… per farlo, essendo la frizione molto stretta sul carico di rottura da 30 libbre, dovreste probabilmente arrivare in corsa, afferrare il filo e buttarvi con tutto il vostro peso in avanti verso terra. Io, pur avendo quell’attrezzatura rigida così noiosa sulle piccole trote, avrei una forte botta al polso e vedrei il cimino flettersi con drammatica velocità verso il basso… Tutto questo è successo in un attimo, ma non c’eravate voi a buttarvi con il vostro peso sulla mia esca nell’acqua, no, doveva esserci un treno con le pinne diretto a tutta forza nella schiuma della corrente. Quel treno mi ha sbattutto la canna verso il basso, mi ha ferrato senza ferrarsi e ha fatto stridere la frizione in due strazianti lamenti… libera. Non ho dubbi, anche se non ne ho nessuna prova, che fosse la marmorata per la quale peschiamo corazzati, per la quale cappottiamo tanti giorni, per la quale ho le occhiaie di domenica,  per cui recupero trote piccole o medie come acciughe, alla quale offro devotamente tempo, sogni, speranze, pensieri, strategie, rimorsi, denaro per sconfinata attrezzatura e benzina,  e tanto altro… era lei. Libera.
Domani è sabato. Pioverà e farà freddo. Ci vediamo sul fiume!

See you spoon
Rock’n'Rod

(Clicca e leggi come andarono le cose per le Trote di Pasqua 2013! Oppure l’anno prima: Trote di Pasqua 2012! )

 

Trota Iridea sesia Magnificient Sesia River Trota ibrido Sesia spinning Magnificient Sesia River Trota Fario Sesia Spinning Magnificient Sesia River Magnificient Sesia River Sasso marmorato Trota Fario Sesia Spinning Trota Fario Sesia Spinning Magnificient river Sesia Verdi prati in Sesia Trota Iridea sesia ravioli toma e radicchio

 

 

Trote di Pasqua – seconda parte – Quelle due trote che non dimentico

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Trota Marmorata spinning record bigSesia Pietro Invernizzi La fede in una seconda giornata di pesca vacilla un istante quando, sorseggiando la ciotola colma di caffè della moka, vedo fuori dalla finestra una luce spettrale. Il chiarore tenue che illumina i pini oltre il vetro, sembra provenire solo dai graffi grigi disegnati nell’aria delle gocce di pioggia. Si sta bene appollaiati sullo sgabello in cucina, con le chiacchiere della mamma in vestaglia e il profumo del caffè nelle narici. In sottofondo un sordo brontolio mi dice che la caldaia sta scaldando la casa. Deve far freddo fuori e i rami che si agitano freneticamente non si stanno solo scrollando l’acqua di dosso, sono schiaffeggiati da raffiche di vento.
Domani è Pasqua e ho promesso di stare in famiglia. In fondo la decisione l’ho già presa ieri sera quando ho preparato la borsa e messo ad asciugare i waders vicino al calorifero. Mi vesto indossando già scarponcini, waders, softshell di neoprene e giacca impermeabile; così bardato indugio ancora un po’ in cucina sotto lo sguardo perplesso e benevolente di mia madre, ormai rassegnata ad accettare questa malattia propria dei maschi di famiglia. Ok, l’alba è passata da ore, il momento è giunto: salgo in macchina, aziono il tergicristalli e giro la chiave: vado in montagna! 

Il Sesia in PrimaveraSalendo una curva dopo l’altra finalmente vedo il fiume, con mia sorpresa non sembra essere salito rispetto a ieri, il colore è bellissimo: verde scuro, intenso. Non resisto e decido di provare due lanci in bassa valle. Oggi le trote saranno attive come ieri?
La risposta non tarda ad arrivare… no! Pesco un’ora esatta una lunga lama e la sua testa, alterno esche diverse tra loro per luce, dimensione e nuoto: non vedo una coda. Il vento gelido e la pioggia battente sulla testa mi spingono a provare una nuova brillante tecnica di cui le riviste di settore non hanno ancora parlato: il “heavy baretting”. Il Baretting si fa con un’azione di pesca “Fast” alternata a delle lunghe pause al Bar. Queste pause sono estremamente redditizie nelle giornate uggiose e fredde e capita spesso di prendere anche due o tre caffé corretti o, quando ormai si ha una certa esperienza, anche latte caldo miele e cognac o delle notevoli cioccolate con panna. Non sottovalutate l’importanza di variare le zone della valle che state esplorando e provare tanti Bar diversi, solo così potrete chiacchierare con molte persone diverse e saggiare la bontà del ristoro offerto.
Seguendo i dettami di questa disciplina da me scoperta, tra le 11 e le 12 siedo al tavolo del Bar della Stazione di Varallo con una compagnia di altissimo livello: il presidente-maestro Savio, l’uomo-valsesiana Andrea Scalvini, il consigliere veterano Renzo Bortolazzo e la furia-moschista Massimo Furian. Ovvero siamo 5 amici, 5  consiglieri dell’SVPS, la Società Valsesiana Pescatori Sportivi. Tutti sono concordi su una cosa: oggi è una giornata da stare a casa, non da pescare! <Troppo freddo!> Sentenzia la tavolata. E su questa lapidaria affermazione il gatto e la volpe, Furian e Renzo, mi tentano con una gita al paese dei balocchi… ovvero andare direttamente dal caffè ad una trattoria vuncia d’alta valle a mangiare e bere a sazietà. Perbacco, l’indomita fiamma d’ardore alieutico dell’Anonima Cucchiaino non si spegne per due gocce d’acqua (tanta acqua) e un soffio di vento (tanto vento)! Mi congedo e in breve sono sul fiume. Pesco come piace a me quando sono in solitaria: indugio a lungo dove ci credo molto, volo sulla sponda quasi correndo, nei tratti dove non sono ispirato, facendo solo sporadici lanci. Stella Biomaster Rapala

Memore dei ragionamenti di ieri (vedi report prima parte! N.d.R) sull’opportunità o meno di avere un’attrezzatura pesante, decido di divertirmi un po’ e scendere di peso: lascio in macchina la mia fedele canna, la Bangher Rod 9′ 2oz con Twin Power 4000 bobinato a 30 libbre, e armo una Biomaster 210cm 15-40gr con Stella 4000 bobinato a treccia 0,15mm con finale nylon 0,28. Insomma non leggero, ma decisamente più “morbido”.
All’una ho già fatto circa un chilometro di fiume e non ho visto un pesce, l’illusione che fosse Primavera è svanita in meno di 24 ore, dove sono i vaironi? Le trotelle aggressive? Gli avannotti tra i sassi? Oggi è inverno, sembrano i giorni dopo l’Apertura. Mi adeguo… pesco lento e profondo e cerco di stimolare la reazione delle grandi.
Davanti a me una grande roccia liscia si perde in un’ansa profonda e quieta del fiume. Il Taildancer rasenta la roccia tre o quattro metri davanti a me. Avviene il miracolo: da una crepa della roccia, dove non si vedeva assolutamente nessuna traccia di pesce, si stacca velocissimo un missile grigio che manca clamorosamente l’esca jerkata. Ho visto la scena… arresto il recupero. Stop. La trota rapidamente si torce su se stessa in una “U” e punta di nuovo l’esca: do un colpo di cimino in avanti e la sagoma grigia scatta! Bam! Afferra e gira la testa, ferro, c’è!
La 210 è nervosetta, si flette certamente più della bangher e la frizione stellata accenna un canto strozzato, ma la trota è domata in pochissimo tempo. Eccola nel guadino! È una marmorata purissima con tanto di bande di mimetizzazione. È magra e bellissima. Marmorata Sesia Pietro Invernizzi record bigFoto di rito, la selfie solitaria. Poi la appoggio nell’acqua e non faccio a tempo a schiacciare “rec” per filmare il release che uno spruzzo d’acqua mi arriva in faccia ed il missile è già inabissato. Era più grande di quanto pensassi sentendola in canna.
“Baretting” funziona: tempo di andare a magnare! Mentre mangio, allagando la trattoria con i vestiti grondanti, mi godo la soddisfazione di mandare la foto ai soci di pesca che mi avevano scherzato! Due chiacchiere col Savio, caffè, creme caramel… via! Di nuovo al fiume. Almeno adesso piove meno. Il fiume si è alzato leggermente, ma poco. Non c’è nessuno, oggi non si vede anima viva sulle sponde: il fiume è mio! Penso che i saggi pescatori avessero ragione: oggi non è una buona giornata per pescare. Penso però che ci sia un’altra verità più grande: prendi più pesci se sei a pescare che se non stai pescando. (Anonima Cucchiaino Dixit). Inoltre il fattore “essere l’unico sul fiume” è sempre un grande vantaggio.
Molti lanci dopo e dopo alcune altre pause, sono le 18.00 e sono in uno splendido tratto di Sesia, dove una buca profonda si distende in una lama d’acqua bassa e veloce che a sua volta si raccoglie come collo di bottiglia in un salto stretto e spumeggiante. Al di là della spina centrale di corrente, dove l’acqua schiuma bianca, la sponda protende frasche di vegetazione sull’acqua e dietro i sassi più grandi si crea un rimollo d’acqua calma.
Tento il lancio ed il mio crank cade esattamente sotto le frasche, al di là della forte corrente, in testa al rigiro calmo. Quest’esca che mi ha fatto Gianluca mi da molta fiducia: colori fario ma con flash argentati sul fianco, dimensioni contenute (9cm) ma muove molta acqua con la sua forma panciuta… Tre giri di manovella ed una splendida abboccata strizza le mie ghiandole endocrine surrenali buttando in circolo una cascata di adrenalina! La trota ovviamente si lancia nella schiuma e trattenerla è uguale a perderla, con l’indice della mano sinistra tolgo il freno al mulinello e, mantenendo comunque la tensione, inizio a “recuperare al contrario”… le lascio filo sentendo in canna la sua lotta in corrente. Velocemente mi muovo nell’acqua cercando di non dare troppe culate ai sassi, canna alta, inizia l’inseguimento: chiudo il freno, accelero il recupero e le corro dietro sulla sponda, la supero, abbatto la canna verso riva e lascio che si accomodi nel guadino. È un bellissimo ibrido marmorata-fario. È più piccola di quanto pensassi sentendola in canna. Fiatone, foto, libera. Ibrido Marmorata Record Big Sesia Pietro Invernizzi
Che giornata! Su trote selvatiche non capita spesso di passare il metro con due trote in un giorno.
Alle 19.30 devo partire, ho una cena… però c’è un ultimo posto dove vorrei andare, forse qui potrei guadare… Il fiume decide per me, mi offre una nuotata nelle sue gelide acque ed è meglio andare a casa! Ma questa è un’altra storia di cui vi parlerò un altro giorno…
Questa giornata è una grande vigilia pasquale, queste due trote forse non sono enormi, ma non le dimenticherò!
Rock’n'Rod

Big Marmorata Record Sesia Pietro Invernizzi Marmorata Sesia Pietro Invernizzi record big Biomaster Stella Rapala Sufix Pietro affronta le intemperie! Ibrido Marmorata Record Big Sesia Pietro Invernizzi Ibrido Marmorata Record Big Sesia Pietro Invernizzi I panni ad asciugare dopo il bagno in Sesia... Il Sesia in Primavera Ibrido Marmorata Record Big Sesia Pietro Invernizzi Il Sesia e la pioggia Stella Biomaster Rapala

 

Pesca al salmone nello Yemen – (ovvero come la pesca può allungare la vita)

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Pesca al salmone nello Yemen - copertinaDopo il primo doveroso, un altro brano liberamente tratto dal libro di Paul Torday. Una delle tante (enormi) differenze con la trasposizione cinematografica interpretata tra gli altri da Ewan McGregor è proprio in questa scena.

Le acque del Tulloch scorrevano sotto di me. Sulle sue rive c’erano macchie di arbusti e rododendri che fornivano riparo agli uccelli. Udii un fagiano lanciare il suo grido d’allarme,non lontano. Guardai i due uomini che pescavano. Con la salopette di gomma lo sceicco aveva perso un po’ della sua maestosità. Era un semplice pescatore, tutt’uno col fiume, completamente concentrato su quel che stava facendo. Vidi la canna formare il doppio cerchio del lancio e sentii il sibilo della lenza che attraversava l’aria con un movimento fluido e lo schiocco leggero della mosca che si posava sull’acqua. Trenta o quaranta metri più sotto c’era Fred. In acqua appariva molto sciolto, si muoveva con facilità, lanciava con un’economia di gesti e un’abilità sorprendenti per una persona che si è abituati a vedere dietro una scrivania e solitamente è piuttosto rigida nei movimenti.

Entrambi parevano essersi dimenticati di me, del progetto, di qualunque altra cosa che non fosse un guizzo improvviso nelle acque scure che nascondevano la preda. Da qualche parte, dietro un’ansa del fiume, c’era Colin, anche lui intento a pescare, forse come ricompensa per quelle faticose giornate passate ad addestrare il corpo dei futuri gillie yemeniti dello sceicco, ma sapevo che, se il suo padrone avesse anche solo sfiorato un pesce con la sua esca, Colin si sarebbe miracolosamente materializzato al suo fianco con il retino, pronto ad aiutarlo a portare a casa la preda. Era tutto così tranquillo, finalmente, e mi sentivo le palpebre pesanti. Ero stanca, sfinita per le settimane di lavoro e le preoccupazioni per la sorte di Robert. Sentivo lo scorrere melodioso del fiume e il canto di un merlo acquaiolo appollaiato su un masso con la coda che andava su e giù. Una sensazione di calma profonda si impadronì di me, la sensazione che alla fine tutti i problemi si sarebbero risolti: lo sceicco avrebbe avuto il suo fiume coi salmoni, Robert mi avrebbe chiamato dall’aeroporto per dirmi che stava tornando a casa e io sarei stata di nuovo felice.

Salmon Fishing in the Yemen movie poster
Poi sentii ancora il grido di allarme del fagiano. Alzai lo sguardo. Un uomo basso con la carnagione scura in kilt e calzettoni veniva verso di noi tra gli alberi. La parte superiore del corpo era coperta da una giacca di pelle rigonfia sul davanti. In testa portava una specie di basco, che faceva pensare più a un venditore francese di cipolle che non a un membro di un clan delle Highlands. Udii le prime foglie cadute scricchiolare sotto i suoi passi, e mi resi conto di aver inconsapevolmente avvertito quel rumore già da qualche istante, prima di vederlo. Poi mi accorsi che l’ometto non era grasso, anzi era molto magro, quasi emaciato. Quello che lo faceva apparire così corpulento era una specie di pistola con una canna lunga che gli spuntava da sotto la giacca. A quel punto tutto parve accadere al rallentatore. Ebbi il tempo di vederlo armeggiare con la pistola, sentire che mi alzavo in piedi con un movimento goffo e facevo per urlare.

Solo che la voce mi si bloccò in gola, e la prima persona a parlare fu l’ometto. «Allah akhbar» disse, con voce chiara e forte, per nulla concitata. Sentendolo, lo sceicco si voltò, lo vide e, senza mostrarsi minimamente allarmato, rispose: «Salaam alaikum», portandosi la punta delle dita alla fronte e poi aprendo la mano in gesto di benvenuto. L’ometto sollevò la pistola e la puntò contro lo sceicco, il quale se ne rimase lì immobile nel fiume in attesa che l’altro gli sparasse. Allora mi sembrò che passassero delle ore. In realtà si trattò di pochi secondi. Poi tutto riprese velocità. Io ritrovai la voce e dalla gola mi uscì finalmente il grido che avevo cercato di fare prima. Con la coda dell’occhio vidi Fred balzare verso la riva, camminando con l’agilità di una lontra nell’acqua che gli arrivava alla cintola. Ma non aveva alcuna possibilità di arrivare in tempo. E se anche ci fosse riuscito, probabilmente quel tizio avrebbe sparato anche a lui e a me. Forse’era quello il piano. Non c’erano guardie del corpo nelle vicinanze. Quando pescava, lo sceicco non permetteva a nessuno di avvicinarsi al fiume e turbare la sua tranquillità. Chiusi gli occhi e li riaprii dopo i primi spari.

I colpi partirono dritti verso il cielo, mentre l’ometto inspiegabilmente faceva un balzo all’indietro, urlando e portandosi una mano alla faccia. Lasciòscena tratta da Pesca al salmone nello Yemen con Ewan McGregor cadere la pistola a terra, cercandodi afferrare qualcosa di invisibile. Alle sue spalle intravidi Colin che tirava con forza la canna da pesca, piegata quasi a metà. Aveva lanciato la lenza e preso aliamo l’uomo, e adesso lo stava tirando a sé. Poi svenni, o per lo meno persi la percezione di ciò che accadeva. Quando ripresi i sensi, mi ritrovai sdraiata sull’erba, con Fred chino su di me, che mi dava dei colpetti sul viso e diceva: «Harriet, Harriet. Ti senti bene?».

Mi ronzavano le orecchie e non sentivo quasi niente. Lentamente rimisi tutto a fuoco e riuscii a tirarmi su a sedere e a guardarmi attorno, mentre Fred mi sosteneva con un braccio dietro le spalle. L’ometto era seduto sulla riva a qualche metro di distanza, e si teneva un fazzoletto sporco di sangue premuto sulla guancia. Parlava animatamente in arabo con lo sceicco, e piangeva. In piedi attorno a lui, quattro delle guardie yemenite, abbandonate le canne da pesca, se ne stavano lì minacciose con la mano pronta sull’impugnatura dei jambia, i grandi pugnali ricurvi che portavano alla cintura. Sono sicura che lo avrebbero fatto a pezzettini al minimo cenno da parte dello sceicco.

Sentii Colin che diceva: «Sì, l’ho visto venire su per il glen dall’altra riva, ma avevo appena sentito tirare la lenza e per un istante non gli ho prestato molta attenzione. Poi ho capito che era un impostore. II kilt era un tartan dei Campbell. Non ci sono Campbell in questa vallata. Sono stati cacciati via centinaia di anni fa. Così ho lasciato il mio pesce per un’altra occasione e ho lanciato la lenza al piccoletto». Poi fece una risata e aggiunse: «Ha opposto meno resistenza di una trota. Sono bastati tre minuti per prenderlo».


A pesca in Madagascar – part.1

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Tazar - o Spanish Mackarel - pescato nelle acque del Madagascar

Tazar – o Spanish Mackarel – pescato nelle acque del Madagascar

Difficile raccogliere le idee e raccontare quello che sono state le innumerevoli emozioni vissute da me e i miei compagni nel pescare le acque del Madagascar.

Facendo fede al mio stile sintetico cercherò – al meglio delle mie capacità – di raccontarvi questa incredibile esperienza.

Mettendo insieme i pezzi ho deciso che questo racconto verrà diviso in 3 diversi articoli : uno di racconto, uno di video ed un intervista finale

Cominciamo

Milano, quartiere Isola.

Era una cupa Domenica di metà Gennaio, suona il telefono.

E’ il mio amico toscano, anzi Aretino, Tommaso – compagno di pesca da una vita.

Con l’entusiasmo che lo contraddistingue mi dice che sta organizzando una battuta di pesca in Madagascar, dal 22 al 30 Aprile, 4 pescatori, solo popping e jigging, niente lodge si sta solo in barca e si pesca tutto il giorno.

Poi aggiunge ‘però devi decidere adesso’.

Respiro e dico ok.

Milano, 22 Aprile, Aereoporto di Malpensa

Finalmente abbraccio i miei compagni di pesca :

Tommaso :
Amicizia antica nata sul moletto del mare. Cacciatore super top. Pescatore appassionato.

Alessandro :
Amico fraterno di Tommaso, Aretino anche lui. Ho pescato con lui in Corsica, raramente ho trovato persone con entusiasmo più grande.

Maurizio :
Anche lui aretino. Pescatore letale, esperto ed elegante. Ha pescato in giro per tutto il mondo

Sistemiamo i tubi delle canne, controlliamo il tutto, pacche sulle spalle e … sapparte Madagascar !

Il volo passa in fretta – partiamo alle 22.30 in perfetto orario e io dopo 1 oretta di chiacchiere mi addormento e mi sveglio mezz’ora prima dell’atteraggio a Nosy Be.

Scesi dall’aereo veniamo travolti dal caldo e dal sole del Madagascar – ci infiliamo in aeroporto, sistemiamo le faccende burocratiche e troviamo subito il capitano della spedizione, il mitico John Peluffo, fuori dall’aeroporto pronto a portarci all’imbarco.

Dopo mezz’ora di strade sterrate arriviamo in una baia meravigliosa dove ci aspetta il “blue marlin” – uno splendido catamarano da pesca.

Primo incontro con il Blue Marlin, magnifico catamarano da pesca in Madagascar

Primo incontro con il Blue Marlin, magnifico catamarano da pesca in Madagascar

Velocemente sfiliamo i vestiti italiani, infiliamo il costume da bagno ( per poi non togliercelo più fino al ritorno in Italia ), portiamo le valige a bordo e via : comincia l’avventura.

Da sx Maurizio, Alessandro,  Io e Tommaso

Da sx Maurizio, Alessandro, Io e Tommaso

La prima tappa è il calypso : la barca madre sulla quale dormiremo e mangeremo.

Per i prossimi giorni ci sposteremo pescando le acque a Nord del Madagascar, e lentamente a terra il calypso ci seguirà lungocosta per avere sempre una base non troppo distante per fare ritorno e riposarci.

Nella Blue Marlin siamo in 7 : noi 4 pescatori, 2 membri di equipaggio Baba ( che in Malgascio significa Nonno ) – che ci prepara un ottimo caffè e ci aiuta nelle operazioni di preparazione dell’attrezzatura e Thierry che assiste le operazioni di pesca.

Nel tragitto che ci porta al Calypso ovviamente ci fermiamo su una mangianza di bonito e subito colpiamo : metal jig recuperato rapido su una mangianza ed è subito strike.

Facciamo anche a tempo a fermarci in qualche spot da jigging e subito escono le prime prede : Carangidi, Rusty, Cernie.

Release "elegante"

Release “elegante”

Ma senza insistere troppo nella pesca – per quella ci sarà tempo – raggiungiamo finalmente il calypso.

Calypso - la nostra barca madre in Madagascar

Calypso – la nostra barca madre in Madagascar

A bordo del calypso ci sono altri 2 membri di equipaggio, un cuoco che si rivelerà INCREDIBILE e un marinaio.

Ci sistemiamo nelle nostre cabine, pulite e confortevoli, e subito a tavola !

Menù ?

carpaccio di marlin, insalata mista e frutta tropicale: TOP !

Carpaccio di Marlin

Carpaccio di Marlin

Ovviamente siamo super eccitati.

tipo bambini l’ultimo giorno di scuola.

Tempestiamo john di domande:

“Ci sono pesci?”
“Conviene pescare più così o cosà?”
“Prendiamo tanti o tantissimi pesci?”
“Peschiamo dall’alba al tramonto oppure sempre?”

John – sogghigna.

John risponde “vediamo, qualche pesce lo prendiamo sicuramente”

John Peluffo - il miglior pescatore del Madagascar

John Peluffo – il miglior pescatore del Madagascar

Beh.

Non vi farò un report giorno per giorno – troppo complicato.

Vi racconterò una giornata tipo e vi anticipo un dato.

“qualche pesce?”

4 pescatori, 5 giorni di pesca , allamati circa 300 pesci tra i 2 e i 15 kili.

Tecniche 90% vertical, 10% spinning.

This is Madagascar.

Dicevo giornata tipo ?

Sveglia alle 6

Prima colazione, caffè, pane burro e marmellata, succhi di frutta.

Partenza alle 7

Entusiasmo alla partenza

Entusiasmo alla partenza

Arrivo sullo spot mediamente alle 9

Pescare

Maurizio in combattimento

Maurizio in combattimento

Pescare

Tommaso in combattimento

Tommaso in combattimento

Pescare

Maurizio con GT

Maurizio con GT

Pescare

Tommaso con Rusty

Tommaso con Rusty Jobfish

Alle 13 rientro al calypso

Mangiare benissimo

Tipo così

aragoste

Caffè, sigaretta, aneddoti e pescare

Alessandro in Azione

Alessandro in Azione

pescare

Io con un discreto Tazard / Spanish Mackarel

Io con un discreto Tazard / Spanish Mackarel

pescare

Tommaso con un GT

Tommaso con un GT

pescare

Tommaso con una bella Cernia

Tommaso con una bella Cernia

poi “coup de soir”, magari a spinning e magari sotto costa beccare frenesia di carangidi a popping

Tramonto in Madagascar

Tramonto in Madagascar

18 è tramonto, alle 19 si arriva in barca

Aperitivo, noccioline, aneddoti, doccia e cena

Ma tipo che la cena si mangiucchia cose così

Cena modigerata part 1

Cena morigerata part 1

e così

Cena modigerata part 2

Cena morigerata part 2

 

Dopocena chiacchiere, aneddoti di John e a letto presto

ecco – ripetete questo per 5 giorni.

Nelle trasferte da uno spot all’altro non è mancato

fermarsi in posti meravigliosi a fare il bagno

Madagascar

Madagascar

vedere delfini

Delfini in Madagascar

Delfini in Madagascar

trovare squali sotto la barca che cercano di fregarti il pesce

Thierry e pesce mozzato da squalo in Madagascar

Thierry e pesce mozzato da squalo in Madagascar

insomma in una parola EPICO

l’armonia a bordo è stata totale

Tutto qui ? E i big fish ?

sì – ci sono anche loro.

Ho passato la vacanza a lamentarmi di aver pescato con attrezzatura troppo pesante

Shimano Jigwrex 300 – Shimano stella PG 20000 bobinato con powerpro 90lb e finale fluoro 100 lb, ami enormi indistruttibili.

Shimano Jigwrex 300 – Shimano stella PG 20000 bobinato con powerpro 90lb

Shimano Jigwrex 300 – Shimano stella PG 20000 bobinato con powerpro 90lb

Allami un carangide di 5 kili ? Tric e Trac e via, a bordo.

Allami un GT di 10 kili ? qualche fuga e a bordo.

Unico problema i Tazard e i Wahoo che con la loro fetida dentatura strappano tutto senza sforzo.

Ma quello fa parte del gioco.

I miei compagni anche loro pescano con attrezzatura top.

Shimano stella – canne da jig super – tra cui la mitica Kazzuredda fatta a mano da Ambermax.

John al mio lamentare dice “Tu non hai capito, tu sei l’unico a bordo che se abbocca un pesce importante hai qualche possibilità di tirarlo fuori”

Io sono perplesso.

Anzi lo ero.

Perchè un giorno, pescando sul drop della piattaforma continentale, circa 70 metri d’acqua vicino al baratro, mi convinco di aver preso il fondo.

Smadonno.

Chiudo la frizione che non riesco più a fare uscire il filo.

Tiro ferro giro.

tutto immobile.

John cerca di aiutarmi con i motori niente.

Solo bestemmie – non voglio tagliare il filo.

Sono fermo e improvvisamente il fondo mi tira due testate da farmi perdere l’equilibrio.

Improvvisamente il mio stato d’animo cambia – infilo la canna nella cintura e sento che il fondo “parte” e prende filo da quella frizione chiusissima ( sarà stata almeno 10 kili ) come niente.

Mi sono sentito completamente impotente.

Neanche il tempo di capire cosa stava succedendo che ho sentito un calo di tensione inconfondibile : ha mollato.

Tiro su imprecando e niente, non si sa come ma ha sputatoil tutto

Guard John, che sogghignando mi ha detto “ecco, quella era una cernia sopra il quintale – ora hai capito cosa dicevo io. Pesci così quando abboccano neanche se ne accorgono”

Ma non è stato l’unico incontro.

Ci è capitato di combattere faticosamente – anzi molto faticosamente – con un BIG GT ( John dice che sarà stato almeno 30 kili).

Sì – non l’abbiamo visto, però ci ha lasciato un ricordo:

Amo tranciato da enorme GT

Amo tranciato da enorme GT

Ecco, un amo così io neanche con le tenaglie più appropriate riesco a spezzarlo così.

I Big ci sono eccome, è difficile selezionarli – ma quando arriva il momento ci vuole tutto: esperienza, sangue freddo, un attrezzatura al top e come sempre un po’ di culo.

I giorni sono volati, abbiamo pescato non solo una quantità di pesce importante ( rilasciandone naturalmente il 90% ) – ma anche una varietà pazzesca : rainbow runner, yellofin tuna, bluefin tuna, dogtooth tuna, wahoo, tazard, barracuda, crocrodile fish, almeno 10 tipi di carangidi diversi, cernie di tutti i tipi, snappers e molti altri.

Thierry con un Red Snapper simile ad un nostro Corazziere

Thierry con un Red Snapper simile ad un nostro Corazziere

Ale e Tommaso con un big GT

Ale e Tommaso con un big GT

Io con un pesce non identificato

Io con un pesce non identificato

Ricciola Malgascia

Ricciola Malgascia

Ale e Tommaso con un altro Big Gt in Madagascar

Ale e Tommaso con un altro Big Gt in Madagascar

Io e Ale con un Dogtooth Tuna

Io e Ale con un Dogtooth Tuna

Ale e Tommy con un big Wahoo

Ale e Tommy con un big Wahoo

Yellofin smangiucchiato da squalo

Yellofin smangiucchiato da squalo

Al ritorno ci siamo fermati una notte a terra per arrivare comodi all’areoporto ( il volo era alle 8 del mattino ).

Un ultima cena come si deve – ancora racconti e risate, e poi tutti a letto.

Tornando i pensieri e le sensazioni si mischiavano – cercando di capire quello che avevamo appena vissuto.

Tornerò a trovare John, il blue marlin, e quella cernia che ora sarà nel suo sasso ad aspettare il mio incauto Jig.

Ma come anticipato non è tutto.

Nel prossimo un paio di video vi racconteranno in modo spettacolare qualche altro dettaglio della vacanza.

Rock’n'Rod

 

A pesca in Madagascar – Vertical Jigging Epicness

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Ecco, come promesso, un anticipo della seconda parte del mio report della vacanza in Madagascar.

Il video seguente (ne verranno aggiunti altri ) vede protagonista il mitico Alessandro in un momento di vera frenesia (sia sopra la barca sia sotto la barca)


Io, purtroppo, smetto di pescare a metà video: un wahoo mi taglierà tutto in calata.

Se non l’avete capito l’attrezzatura killer di Alessandro è un Shimano Stella 10.000 PG montato su una canna Katzuredda di Ambermax.

Ci tengo inoltre a specificare che il video non presenta nessun trucco di montaggio – la soggettiva è quella del pescatore e l’azione di pesca è fedele al 100%.

Godetevi lo spettacolo

Rock’n'rod

 

Le Mormore del Mar di Marmara. Pescare a Istanbul

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Pescatori di notte sul ponte di Galata

Pescatori di notte sul ponte di Galata

Potrebbe accadervi un giorno di concedere alla fidanzata, ma in fondo in fondo anche a voi stessi, una breve vacanza dalla pesca. Ops, volevo dire: una breve vacanza dal lavoro… ma senza pesca.
Senza pesca significa senza pescare neanche un minuto.
Ovviamente come meta turistica non sarebbe furbo scegliere la Svezia, l’Islanda o il Canada ma neppure la vicina Slovenia o l’Austria; altrimenti la vacanza rischierebbe di finire in tragedia, con la donna imbavagliata nel baule e voi che pescate come assatanati dopo aver affittato attrezzatura rudimentale ad un contadino in cambio di 500 euro e tutte le sigarette che avevate in tasca.
Io alcune settimane fa avevo promesso alla mia dolce metà quattro giorni in una capitale europea senza pesca. Dopo uno studio accurato mi sono reso conto che Istanbul era sufficientemente lontana dalle principali acque da salmonidi d’Europa, ed è forse per questo che l’Unione Europea fatica tanto ad accettare la Turchia… 

Tramonto sul Bosforo

Tramonto sul Bosforo

Certo i più fanatici tra di voi sapranno che in Turchia si pescano grossissimi lucci. Ma non a Istanbul! A quanto mi risulta servono almeno un paio d’ore di macchina prima di andare nei migliori spot da esocidi ed ore di navigazione per cercare big fish del mare. Questa strepitosa città millenaria si culla nelle acque del Bosforo, lo stretto che unisce il Mar Nero ed il Mar di Marmara. Se qui il mar di Marmara ha acque scure, il mare Nero non ha bisogno di ulteriori presentazioni… Scure e sporche così appaiono le acque nel Bosforo dove millemilionicirca di traghetti e petroliere transitano ogni giorno e dove una città di oltre 14 milioni di abitanti vive… A guardare quelle acque non desiderete mai di bagnarvi, ma forse nemmeno di calare le vostre lenze.

Pescatori dal ponte di Galata istanbul

Pescatori dal ponte di Galata. <Ok!>

No scherzavo, questo è impossibile. Impossibile non desiderare di pescare in presenza di uno specchio d’acqua e dopo giorni di astinenza.

Noi dopo esserci consumati i piedi girando per tutte le meravigliose moschee e tutti i principali monumenti della città, avevamo deciso che per trovare un po’ d’ombra e digerire i quintali di kebab accumulati in corpo, fosse opportuno vedere un altro celebre monumento: la Cisterna. E qui avvenne il primo contatto con “la Pesca in Istanbul”. La prima scintilla pericolosa da cui è scaturito questo report…

La cisterna di Istanbul

La cisterna di Istanbul

 

La cisterna è un edificio di epoca romana (532 d.C.) costruito sotto la città per convogliare acqua dolce che potesse servire come riserva idrica in caso di assedio o siccità… É uno spettacolare antro sotterraneo in grado di accogliere molte tonnellate di acqua dolce.
Quello che non tutti sanno è che fu scoperta nel XIX secolo da un ricercatore che venne a sapere di alcune persone in città che pescavano pesci calando lenze in tombini nelle proprie cantine.

Le carpe oggi nelle acque della Cisterna istanbul

Le carpe oggi nelle acque della Cisterna

Cioè, se non è chiaro, c’era gente che calava lenze da buchi nel pavimento e dall’ignoto sottostante pescava pesci, per lo più carpe! Ebbene cercando le carpe trovarono la Cisterna… uno dei monumenti più importanti della vecchia Bisanzio, che fu poi Costantinopoli ed ora Istanbul.
La cosa strepitosa è che le carpe ce le misero i romani nel VI secolo, in questo modo sapevano che se i pesci erano in salute l’acqua era potabile, se i pesci morivano l’acqua probabilmente era stata avvelenata… interessante, ma ancor più interessante sarebbe sapere quanto diavolo erano grandi ed albine le carpe pescate nel XIX secolo dopo 13 secoli passati nell’oscura Cisterna!

Con questi pensieri avevo iniziato a vagare per l’affascinante città, scortando la mia ragazza tra venditori di gioielli, tappeti, dolciumi, kebab, ciarpame e molto altro; solo che iniziai a vedere segni di rimando ittico in ogni dove: prima un’illustrazione del Corano di Giona inghiottito da un grosso pesce (Yunus ed il grosso pesce, preferibile alla più impescabile balena! N.d.R.)
Poi, tra una bancarella di orecchini e un falegname medievale, un negozietto di pesca… mi divincolai da Marta, la mia ragazza, e supplichevole dissi: <Donna, promisi di non pescare, non di non rivolgermi agli altari degli dei della Pesca!> E così comprai tutto il comprabile, per lo più esche da trota… il più tipico dei souvenir orientali!

Shopping in Istanbul

Una piccola parte dello shopping in Istanbul

Ma quanto raccontato finora è solo la storia di un’ossessione, la pesca vera e propria non si era manifestata… e così fu fino a quando il tram si fermò a Eminonu. Innanzi al celebre Ponte di Galata che unisce le due sponde storiche della città. Il destino sembra scherzarvi se non volete pescare e passate di qui: tutto il ponte per i suoi 490 metri è costellato giorno e notte su entrambi i lati da una fitta raggiera di lunghe canne da pesca… uno spettacolo impressionante! Decine e decine di pescatori con lunghe canne si sporgono oltre i parapetti dell’alto ponte e calano fili di spesso nylon fino a toccare l’acqua, schivando i traghetti di passaggio e creando una bizzarra tenda di lenze ondeggianti per i pedoni che camminano al livello sottostante del ponte… già perchè sopra passano le auto e si sporgono i pescatori, sotto si accalcano ristoranti di pesce e pedoni curiosi. A qualsiasi ora del giorno e della notte i pedoni cercano uno spuntino e a qualsiasi ora del giorno e della notte i pescatori scendono dai taxi con canne da pesca e secchielli di esche e cercano un posto alle balaustre del ponte alto.

Il ponte di Galata al tramonto e i pescatori

Il ponte di Galata al tramonto, pescatori e pedoni

Ho dedicato del tempo allo studio della pesca dal ponte di Galata e l’ho trovata piuttosto rudimentale per quanto praticata anche da uomini di indiscutibile esperienza… Le catture in verità non mancavano, soprattutto di notte e per i pescatori che potevano calare le esche vicino ai piloni del ponte. La pesca si divideva principalemnte in tre tecniche.

Prima: strappo!
Crudele eppure efficace. Decisamente la più diffusa e, ahimé, tradizionale. (Anche dalla barca N.d.R.). Lenza madre spessa, sabiki o direttamente lunghi ami argentati a distanza di un metro l’uno dall’altro, anche 4 o 5, piombo sui 20 o 30 grammi in fondo. Calata e poi su e giù, su e giù a strappetti! Risultato più frequente: bottino di mormore o piccoli predatori tipo sugherelli o sgombretti… mackarel e bluefish… naturalmente 9 su 10 infilzati per la schiena… no comment.

Catture: Mormore del mar di Marmara

Catture: Mormore del mar di Marmara

Esche vive

Esche vive

Seconda: piccolo vivo!
Alcuni “imprenditori” vendono per poche lire turche pesciolini vivi che vengono innescati per la narice o per il dorso con la stessa montatura della pesca a strappo! Solo che la canna resta ferma, appoggiata ad un ingegnoso portacanne artigianale in legno (roba che alla Design week di Milano vincerebbe un paio di premi internazionali! N.d.R.) Così vengono presi sugherelli, sgombretti e piccoli pesci tipo-serra. Speravo di vedere qualcosa di più serio allamarsi… ma non è successo. Di tanto in tanto qualche predatore tipo palamita entra… forse… oppure qualche squaletto di fondo.

Terza: verme a fondo.
Sempre gli stessi “imprenditori”, oltre a pesciolini vivi, a caffé turco, arachidi, succo di melograno, dolcetti e varie cibarie, vendono anche dei vermi simili ai nostri muriddu o ai koreani. Questi ultimi finiscono sull’amo dopo piombo e finale sul fondo del mare. E qui le catture sono nuovamente le mormore, cefali e alcuni piccoli pesci di fondo tipo sciarrani e simili…

Ignoro se lo spinning da riva sia sconosciuto o, più semplicemente, i pesci predatori scarseggino nel Bosforo, a differenza delle mormore che regnano sovrane!

In sintesi, ho scoperto che pescare è uno degli hobby più popolari della città di Istanbul, è veramente una passione molto diffusa ma in città pescano in modi davvero poco Rock’n'Rod, per cui se cercate una città bellissima da visitare senza pescare, Istanbul è la città che fa per voi! Non potrete fare a meno di fermarvi sul Ponte di Galata e stupirvi dei ricchi panieri di mormore ed altri pesci, ma soprattutto non potrete non godervi il singolare spettacolo di folclore umano unito dalla passione della pesca sulle rive del Mar di Marmara… Persino una fidanzata avulsa alla pesca potrebbe chiedervi di affittare una canna per mezz’ora da quei giovani imprenditori di cui sopra. Sì perchè non l’ho detto, ma le canne le affittano anche… Ma in breve, anzi brevissimo, preferirete proseguire la passeggiata e lasciarvi la foresta di canne alle spalle, il vostro onore alieutico si merita di più!
Rock’n'Rod

Report fotografico della pesca sul Ponte di Galata, clicca qui!

Tour di pesca a Istanbul, clicca qui!

Per pescare a Istanbul, altri tre link utili: The Guide Istanbul,    Informazioni in inglese,  articolo interessante.

Pescatori dal ponte di Galata istanbul Pescatori dal ponte di Galata Pescatori dal ponte di Galata i Prede di fondo... Esche vive Esche vive Catture: Mormore del mar di Marmara Shopping in Istanbul Panino allo sgombro a Eminonu I colori della Turchia... i colori della Rapala! Kebab a Istanbul Moschea Blu e giardini Tramonto sul Bosforo Tramonto sul Bosforo Pescatori dal ponte di Galata istanbul Fishing shop a Istanbul Veduta della città al tramonto Il ponte di Galata al tramonto e i pescatori Porta canne per il ponte Pescatori di notte sul ponte di Galata Il pescato... le mormore del mar di marmara moschea ragazza velo Moschea Blu Istanbul Moschea di Istanbul La cisterna di Istanbul Le carpe oggi nelle acque della Cisterna istanbul

La Grande Trota Marmorata del Sesia

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Tra le braccia il sogno di una vita!

Quando sentii l’abboccata capii subito che era una trota più grossa delle altre, tirava in modo diverso, meno elettrico e più caparbio. Papà era lontano e la mia hardy di un metro e ottanta in fibalite si piegava più del solito. Il mepps 3 argento, legato al Platil Strong 0.18, era volato proprio in quel rimollo dietro il sasso in mezzo all’alto Sesia, dalle parti di Scopa, tre giri di manovella dell’Abu Cardinal C4 ed ecco la botta di adrenalina, <c’è!>, pensai con il cuore in gola. Papà mi vide e con un sorriso di gioia e orgoglio iniziò ad avvicinarsi. Intanto la trota era ormai vicina, ma inspiegabilemnte qualcosa andò storto: la bobina cadde in acqua… Sconcertato provai ad afferrare il filo con le mani e a recuperare il pesce a mano. C’era ancora! In breve fu tra le mie mani tremanti e papà mi era accanto; era enorme, faceva 35 centimetri! Ero un bambino e quella strana trota senza pallini era la mia prima marmorata.

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La mole possente della Grande Regina

Mi sorprese il fatto che papà disse di lasciarla andare, che era bella ma era piccola… piccola? Una fario di quella taglia l’avremmo senza dubbio tenuta e portata a casa con orgoglio per farla in padella!

Mar-mo-ra-ta. Così si chiamava la trota che a 35 centimetri era piccola ed il Sesia era la sua casa.
Era l’inizio di una lunga storia, di un sogno.

I primi lanci a spinning!

I primi lanci a spinning nel Sesia! Anni ’80

Per ancora tanti anni pescai come papà aveva insegnato, i suoi principi e le sue regole generali erano e saranno sempre il mio mantra alieutico. La pesca prendeva sempre più significato nella mia vita. Amavo tutto ciò che accompagnava ogni uscita: preparare i panini, i vestiti, le scatolette dei cucchiaini; amavo stare con papà sul fiume e quando c’era mio fratello era ancora meglio, i tre maschi di famiglia a condividere una grande passione. Quindi chiacchiere, discorsi, teorie e ricordi. La cattura grossa è sempre il sogno del pescatore, ma le grosse trote erano ancora un’idea astratta, perse tra qualche leggenda sentita al bar e viste di sfuggita in qualche foto ingiallita.
Venne un’età in cui gli ormoni provarono a distrarmi dalla pesca, tentazioni fatte di reggiseni slacciati in camerette, primi amori, motorini, sbronze e altre mirabolanti acrobazie adolescenziali; ma in quegli stessi anni scoprivo la pesca oltre la famiglia, con gli amici. C’erano a scuola alcuni loschi figuri che, così dicevano, amavano andare a pescare. Con molto scetticismo reciproco approcciammo l’argomento all’intervallo prima, sempre più spesso poi. Stava nascendo un sodalizio d’acciaio, erano gli albori dell’Anonima Cucchiaino!
Anno dopo anno migliorammo la tecnica insieme e ampliammo i nostri orizzonti, la pesca alla trota era sempre “La Pesca” per eccellenza in famiglia e con l’Anonima, e famiglia ed Anonima erano sempre più mischiati tra loro.
La Marmorata era sempre “Il Pesce” mitologico.
Un giorno ero con Jacopo all’altezza di Serravalle Sesia, scelsi un mepps 2 bronzo per quelle condizioni di luce e con molta convinzione lanciai alla testa di una pozza. Una bestia pazzesca strattonò la mia vecchia Browning e si mise a correre verso valle nelle schiume della corrente, lo 0.20 era messo alla frusta, ma presto il guadino a molla fu nella mia mano sinistra e per una volta, per miracolo, scattò e si aprì! <Jacopooo…> urlai, ma non mi sentiva e quella “bestia”, anche lei color bronzo, si dimenava. Senza esitare la uccisi con un colpo secco su di un sasso. Mi macchiai del peccato originale. Presto avrei iniziato ad odiare quella foto che poco dopo scattammo e che mi ritrae sorridente con soli 49 miseri centimetri di trota appesi alla mia mano.
Sventolare quel trofeo al mondo mi restituì, giustamente, tante frasi come: “peccato che tu l’abbia uccisa”, “non si fa”, oppure “bella, ma non arriva neppure a 50, il mio record è X di più”…
Nacque Facebook e si diffuse l’uso di Google… cominciai a vedere foto di trote grosse, grosse sul serio. Non solo in Adige, in Brenta, in Piave, in Po’, in Adda, quelle contavano meno, ma anche qualcuna in Sesia. Era lei, era La Marmorata!

Tra le braccia il sogno di una vita!

La grande marmorata del Sesia!

Ho fatto subito miei i principi del Catch and Release consapevole ed ho iniziato a pensare ad una pesca più pesante, più selettiva. Ho iniziato a studiare, nel vero senso della parola: libri, articoli, tesi di laurea, attrezzatura, molta attrezzatura. Ho iniziato ad essere ossessionato da quel pesce: la grande regina, la marmorata in generale ma quella del mio fiume in particolare, la Marmorata del Sesia.

Stavo iniziando la caccia! Stavo iniziando a capire come fare una pesca mirata, una pesca di sacrifici: attrezzatura più pesante, esche generose, posti particolari, sveglie all’alba e tramonti fino a buio, ma anche controllo meticoloso di ogni dettaglio, finali e nodi rifatti al minimo dubbio.

Un giorno molto speciale.

03/02/2013 Ricordi importanti sul fiume con gli amici!

Conobbi il Maestro.
Il Savio era leggenda per me, nessuno aveva preso più trote grosse di lui nel Sesia in tempi moderni.
Gli dei della pesca sanno quando è giusto mandare un messaggio: il giorno in cui lo conobbi pescammo qualche ora insieme, lui risalì il fiume ed io lo discesi e presi una marmorata da sessantacinque centimetri! Fu il mio nuovo record. Sapevo che non era un record degno di fama, ma per me era la prima Marmorata degna di questo nome. Il Maestro riconobbe in me l’Eletto e divenni il suo discepolo. In una sola stagione grazie ai suoi insegnamenti imparai quello che mi sarebbe costato anni ed anni di esperienza. Da quel giorno Savino non ha mai smesso di darmi preziosi consigli ed essere il mio punto di riferimento per confrontare scoperte, intuizioni ed idee nella caccia alla grande marmorata, ed è anche diventato un ottimo amico con cui è semplicemente bello condividere la stessa passione e lo stesso impegno per l’amato Sesia. La tecnica dunque ha continuato a migliorare, ma la tecnica per quanto importante, è solo uno strumento al servizio del Sogno. Ed il sogno divenne una visione sempre più chiara nella mia vita: una trotona oltre i 70 centimetri perché bramavo incontrare una Grande Regina del Sesia. E poi magari, un giorno, una oltre gli 80 per poter morire sereno. (Vedi questo Report ed il mio commento del 3/5/2012 … N.d.R.)

Una stupidaggine questa delle misure… non che le misure non contino, ma di certo hanno un significato molto molto relativo e non potremo mai misurare le emozioni né il valore di un pescatore.

ricordi sul fiume...

Momenti indimenticabili sul fiume…

In altri fiumi 70 o 80cm sono taglie ragguardevoli ma più frequenti, nell’alto Sesia, per quanto sia un fiume ricco di marmorate, sono taglie da capogiro. Questi numeri, ripetuti come una preghiera ad amici e conoscenti, sono diventati ben presto una malattia, qualcosa di cui in fondo avrei quasi voluto liberarmi se solo ne fossi stato capace… La pesca non è questo e lo so bene, pescare è una ricerca interiore, è stare nella natura, pescare è filosofia e condivisione… ma La Grande Trota reclamava il suo Sogno, il mito, la mia leggenda. La caccia continuava. Qualche altra trota degna di questo nome iniziava a popolare il mio album delle catture con sempre maggior frequenza! Ed ormai da qualche anno mi ero trasformato in uno dei paladini del Catch and Release incondizionato sulle marmorate. Sempre più convinto che i sogni debbano essere conquistati e meritati. Il papà di Francis, che ora condivide il paradiso dei pescatori insieme a mio padre, diceva che “per riuscire nei propri sogni c’è bisogno di talento, sudore e fortuna”; ho fatto di tutto per trovare in me il talento e continuerò sempre ad inseguirlo, il sudore non è mancato e non lo farò mancare, e la fatica è piacere quando insegui il tuo sogno.
L’anno scorso una beffa… una grande trota si fece ingannare dalla mia esca, ma era una grande trota cieca e debole, gli dei della pesca si prendevano gioco di me? Oppure mi incoraggiavano, sceglievano me per accogliere una loro regina e dirmi che ero sulla strada giusta?
L’amore è uno scambio costante, il fiume mi ha dato e continua a darmi tantissimo ed io penso sempre di dovergli qualcosa a cambio! Così mi sono impegnato nelle attività dell’SVPS al fianco di Savino ed altri validi pescatori, gli amici consiglieri, per tutelare il fiume e le sue meravigliose creature. Poi l’attività di questo blog, l’Anonima Cucchiaino, che con tutti i suoi articoli e i suoi post, ora seri ora giocosi, spero possa portare nel grande fiume della comunicazione un messaggio di pesca consapevole e rispetto della Natura.

La bellezza del Sesia il 25/5/2014

La bellezza del Sesia il 25/5/2014

Questo lungo cammino mi ha portato sabato sera, 24 Maggio 2014, a puntare la sveglia all’alba nell’unico giorno di riposo della settimana. Domenica alle 4.40 il sogno mi ha fatto svegliare laddove la sveglia da sola avrebbe fallito. Alle 6.15 barbellando di freddo facevo il primo lancio nel Sesia. Alle 11.30 sudando nell’afa della bassa pressione lanciavo una grossa esca di quasi 15 centimetri. A lanciare era la Bangher Rod, quella canna specialissima la cui costruzione, costata un anno di prove e ricerca, era stata pensata apposta per Lei. Ero lì sul fiume e questo è l’importante, ero lì con la mia storia alle spalle ed un grande sogno nel cuore. Inseguivo l’incontro con Lei. Lei esiste. Lei ha risposto fermando l’esca come un macigno nel profondo del fiume. Immobile sul fondo mi ha fatto capire che era grossa. Molto. Non si è mossa dopo la mia prima ferrata.

L’ho ferrata ancora due volte sentendo che quel fondo ondeggiava, sbranchiava, era vivo. Ha iniziato a dirigersi con fermezza verso monte, verso una schiuma bianca di corrente. Mi ha fatto paura. La frizione chiedeva pietà ma io ho provato a forzarla, volevo accompagnarla verso valle lungo la lama e non farla intanare a monte nelle correnti. Penso di averle girato la testa, perchè ha incominciato a scendere, io tenevo la tensione sulla lenza e cercavo di non pensare a quanto fossero spaventose le testate ed i colpi che sentivo arrivare dal fondo del fiume.

Non l’avevo ancora vista, penso fossero ormai passati tre minuti ed io non l’avevo ancora vista, la trota stava accelerando la sua corsa con la corrente ed io stavo già correndo tra i sassi, sempre più grossi su una sponda sempre più ripida.

Trota Marmorata del Sesia: la livrea più bella del mondo!

Trota Marmorata del Sesia: la livrea più bella del mondo!

Ricordo di aver anche messo i piedi tra le spire di un grande serpente, ma non era certo un problema una lunga biscia d’acqua, neppure un leone mi avrebbe fermato; sapevo che era Lei, ma non sapevo ancora se sarei riuscito ad averla. Mi superò nella corsa verso valle e per la seconda volta mi fece paura. Iniziai a cercare di frenare la sua discesa ma non potevo forzarla, troppo sforzo sull’attrezzatura. La vidi. Se ci ripenso mi si ferma ancora il respiro. Era davvero grande e vedevo che dava colpi a destra e sinistra con quella testa enorme, alternando questi movimenti a delle vere e proprie capriole. Era lunga ed era alta, massiccia come la più forte delle trote!
Ormai avevo affannosamente percorso circa cinquanta metri verso valle, la sponda era difficile, sempre più ripida e con sempre più vegetazione, ma soprattutto in fondo alla lama c’era un salto d’acqua violento. Ebbi paura per la terza volta. Se fosse arrivata al salto non avrei potuto tenerla. Ma nella sua lotta fece un errore: le sue capriole, girandosi su se stessa si era avvolta, arrotolata, nel filo… dalla testa fino alla coda. Non nuotava più. La sua mole nella corrente era comunque una fortissima trazione, ma almeno mi fu possibile abbattere la canna verso la riva e forzare leggermente il recupero. Dopo un lasso di tempo che mi è sembrato di ore, ma che probabilmente è durato 5 o 6 minuti, ero accanto a lei, nel guadino non entrava, sia per la mole, sia perchè il filo la teneva ormai per la coda; il guadino l’ho usato per spingerla contro le radici della sponda, mentre cercavo io stesso di non finire troppo dentro il fiume avendo ormai l’acqua alla cintura. Lanciata la canna sulla riva ho avuto paura un’ultima volta: con la destra ho afferrato il suo testone e l’ho girato dentro la rete. Avevo preso il Sogno e lo tenevo davanti a me nell’acqua. Telefonai subito al Maestro che insieme a Flavio Riva, grande guardapesca, in cinque minuti fu da me. Con il loro prezioso aiuto ho potuto avere delle belle foto ed il video del rilascio. Quando l’ho vista sconfitta, senza forze accanto alla canna, ho avuto una profonda sensazione di pena.

Bangher Rod

La splendida Bangher Rod ed il Twin Power Japan accanto al loro destino!

Mi sentivo in colpa per averla umiliata. Quella divinità del fiume davvero poteva essere presa e sconfitta? Di certo ucciderla mi avrebbe ucciso.

Oggi so con certezza quello di cui un tempo dubitavo: se prendi il pesce dei sogni desideri con tutto te stesso liberarlo. Non puoi uccidere il tuo stesso sogno!

Piano piano ha recuperato le forze ed è tornata nel mio, nel nostro fiume. (Clicca qui per il  Video del Release ! N.d.R.)

Ora la caccia è finita? No, ma di certo è finita l’ossessione, mi sento libero e fortunato. Se ripenso a Lei mi vengono quasi le lacrime agli occhi, vorrei parlarne con papà a cui dedico la cattura se ha un senso farlo; comunque posso parlarne con tutti voi ed è straordinario. Mi scuso se vi ho annoiato con questo lungo racconto, ma speravo di farvi capire perchè quella trota non è solo una trota, è un traguardo ed un punto di svolta in un percorso, rappresenta valori, affetti, storie di vita incrociate, è il sogno che ho vissuto e che non mi ha deluso in nulla… è stato tutto fantastico e sono pieno di gratitudine nei confronti della vita, del fiume e di tutti coloro con cui condivido questa infinita passione nei suoi valori più belli.

Se avete letto fino a qui avete senza dubbio guadagnato credito presso gli dei della pesca, ricordatevene al prossimo lancio quando vi concentrerete figurando il vostro sogno all’altro capo della lenza. Infatti le grandi catture sono figurazioni della mente. I pesci enormi esistono solo perchè i pescatori riescono ad immaginarli!

See you spoon

Rock’n'Rod

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Il tempo delle cheppie

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Gli splendidi colori di una cheppia del Taro
Una volta all’anno la natura ci regala lo spettacolo di due straordinarie migrazioni simultanee: le cheppie che partono dal mare per andare a fregare sui ghiareti dei fiumi, e i pescatori che partono dal proprio divano per andare a fregare le cheppie.

Fiume TaroLo spinning alla cheppia, come avevamo già imparato, non è particolarmente tecnico, ma è divertente, goloso, pazzerello, lontano dagli spot battuti e un’ottima occasione per misurarsi con qualcosa di diverso dal solito. In pratica è una scusa per stare sul fiume con gli amici, ammazzarsi di torta fritta (nome locale del più famoso gnocco fritto) in compagnia e farsi qualche risata tutti insieme. E infatti ci sono andato da solo…

Un po’ a memoria e un po’ a tentoni riesco a tornare allo stesso parcheggio di due anni fa, giusto per avere qualche riferimento. Per le strade non c’è anima viva e la mia auto è l’unica del parcheggio: ottimo, non ci sarà nessuno sul fiume, pessimo, vuol dire che le cheppie sono già passate tutte. Diviso tra questi due pensieri finisco di prepararmi e mi avventuro tra campi, boschi e argini ciclopici da scendere rigorosamente di faccia.

Incontro qualche moschista, un paio di passatisti e qualche spinner. Non è proprio il deserto che pareva essere ma per l’occasione va ancora di lusso. Schifo l’acqua veloce per andare dritto dove so esserci delle belle bucone lente in cui sicuramente le cheppie stanno recuperando le forze in attesa di riprendere la corsa. Pochi giri di manovella e l’acqua esplode dietro il mio ondulantino per l’attacco a vuoto di un pesce spettacolare. Ma la via verso casa di quell’artificiale è ancora irta di pericoli ed ecco una seconda saetta arrivare a mille dietro di lui, scartare all’ultimo e tornare indietro dopo avermi visto. Unisco mentalmente i polpastrelli delle dita sibilando un “Eccellente”, oggi ci sarà da divertirsi.Rana del Taro

I lanci si susseguono incessanti e speranzosi ma niente arresta la corsa degli artificiali tranne qualche sporadica alga dispettosa. Passano le ore ma il risultato non cambia. Novello esploratore apro nuovi sentieri sul ciglio del vuoto e mi addentro nei campi alla ricerca di una frana che mi permetta di tornare sull’acqua e diventare una parentesi passeggera nella corsa per la vita di questi pinnuti. Torno sui miei passi per andare a rinfrancare lo spirito al ristorante più vicino. Risalendo faccio qualche lancio in punti che avevo saltato per acqua troppo veloce o perché già occupati. Il sole pesta duro, ho sete, fame, sono stanco e la convinzione che la botta arrivi è svanita da un bel pezzo. Ma le botte arrivano, una, due, tre volte consecutive: lancio lungo, abboccata, bagliore nella corrente e lenza molle. Lavo via gli improperi con una birra fresca e riempio il vuoto delle mancate abboccate coi salumi locali.

Pranzo del pescatore a Sissa
Sono di nuovo sul fiume a cercare nuovi accessi, nuovi raschi e nuove buche. Sono belli ma adesso rovinati da un numero parecchio maggiore di pescatori. Si vede che il pescatore di cheppie si alza tardi. Riparo sugli spot della mattina dove avevo incontrato meno gente, ma adesso anche lì spuntano moschisti che pescano a torso nudo e spinner che pescano con tecniche dubbie, ma la cosa peggiore è che la buca dove volevo andare è occupata. Gironzolo un po’ più a valle per dare ancora una possibilità all’acqua lenta, ma ormai ci credo poco e torno veloce a monte per riprovare l’acqua che corre.Cheppia in corrente

La buca è vuota e il gorgoglio mi attira a sé come un canto di sirena. I primi lanci mi faccio beffare altre due volte, ma poi la prima cheppia arriva sulla spiaggia dopo una strenua difesa. Prendo il giro e le cheppie iniziano ad arrivare. Attacchi fulminei, salti spettacolari, fughe in corrente e diagonali sfrizionanti la fanno da padroni fino a quando mi perdo a osservare una rondine di mare pescare di fianco a me coi suoi tuffi micidiali. Mi concentro di nuovo e ne porto a riva, perdo, pungo ancora qualcuna, in un turbinio di azione a singhiozzo che segue la risalita.

Ormai sono stanco e soddisfatto, le catture non sono state tantissime, ma abbastanza per una meravigliosa giornata di pesca che mi ha insegnato a non sottovalutare e studiare anche un pesce che consideravo estremamente “facile”. Mi lascio alle spalle il Taro e la risalita delle cheppie ancora più convinto che ci si possano dedicare una o due sane e divertenti uscite all’anno e che poi sia doveroso lasciarle in pace durante questa delicata e faticosa fase della loro vita.

 

Rock ‘n’ Rod!

Gli splendidi colori di una cheppia del Taro Cheppia allamata nel Taro in corrente Cheppia ormai vinta Fuga di una cheppia del Taro Cheppia - Alosa fallax Cheppia del Taro spiaggiata Cheppia catturata sul Taro Piccola cheppia Cheppia in corrente Cheppia allamata Cheppia del Taro Rana del Taro Pranzo del pescatore a Sissa Fiori del Taro Pool magica per le cheppie Fiume Taro Shimano rarenium 2500 Buca da cheppie Scorcio del Taro

 

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